C'è dell'altro nell'indagine sul patto corruttivo posto in essere dal giudice Giorgia Castriota, arrestata giovedì mattina. La custodia cautelare in carcere, a Rebibbia, è infatti motivata con la possibile reiterazione del reato, legata non solo alla vicenda specifica delle amministrazioni giudiziarie delle società di Fabrizio Coscione ma anche di altri procedimenti recentissimi e uno, forse, su cui esistono solo richieste cautelari nemmeno applicate. Le intercettazioni provano che la Castriota stava concordando con Silvano Ferraro nomine in almeno altre due vicende, inerenti l'amministrazione giudiziaria di imprese di ricambi auto più un'altra, rilevantissima, con una sede a Taranto e una nell'ambito di indagini sul caporalato. E' la stessa Castriota che lo rivela nelle conversazioni con Ferraro durante le quali cerca, chiede, nomi di professionisti fidati da indicare e ai quali poi «associare» Ferraro come coadiutore, secondo il medesimo schema attuato per la «galassia Coscione».

Di qui l'esigenza di interrompere il circuito folle dello sfruttamento di gestioni giudiziarie messo in piedi da Castriota ai fini personali, il tutto all'insaputa di colleghi della Procura, tra cui il sostituto Giuseppe Miliano. Il nome più altisonante tra le gestioni appetibili è quello della Loas di Aprilia, dove l'amministratore giudiziario risulta essere Claudio Miglio (non indagato in questo procedimento) e amministratore unico Stefano Schifone (che ebbe lo stesso ruolo inizialmente nelle imprese di Coscione), ma è Silvano Ferraro a ricordare alla castriota di «pagare Miglio». E quando la liquidazione arriva (all'inizio di gennaio 2013) è sempre Ferraro che chiama Miglio e gli dice che il suo compenso è stato vistato, «... senti io t'ho fatto trova' il regalo della befana eh!». C'era il timore che dopo la Loas il gioco si ripetesse.