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Sfruttamento, verdetto batosta: le condanne

Condannato a cinque anni di reclusione Procolo di Bonito, un anno alla figlia e una provvisionale di 12mila euro al bracciante costretto a lavorare in condizioni disumane

Sfruttamento, verdetto batosta: le condanne

Quando Singh Balbir decise che non poteva più accettare le angherie schiaviste del suo datore di lavoro non era sicuro che avrebbe ottenuto giustizia. Era il 2017, quasi un'epoca fa. Ieri il bracciante indiano per anni costretto ad operare in un'azienda agricole in condizioni di sfruttamento limite è diventato il protagonista del più importante caso di risarcimento delle condizioni irregolari di lavoro in agricoltura. Il Tribunale di Latina ha infatti condannato il titolare dell'azienda, Procolo Di Bonito, a cinque anni di reclusione con provvisionale di 12 mila euro sul risarcimento, e ad un anno la figlia Romina Di Bonito, che ha ottenuto la sospensione della pena. Alla parte offesa è stata altresì riconosciuta la possibilità di ulteriore risarcimento in sede civile. Un verdetto batosta andato oltre la richiesta del pubblico ministero che aveva concluso per due anni e mezzo di reclusione a carico del principale imputato, Procolo Di Bonito appunto.

L'inchiesta alla base del processo scaturì dalle verifiche effettuate dagli ispettori del lavoro il 17 marzo 2017 «a seguito di una segnalazione circa la presenza di un lavoratore di origini indiane sottoposto a gravi forme di sfruttamento e vessazione». Queste furono le testuali parole usate nel verbale del Nas dei carabinieri intervenuti congiuntamente agli ispettori. Ciò che è seguito è stata un'istruttoria dibattimentale lunga e complessa, nella quale la parte offesa è stata assistita dallo studio dell'avvocato Arturo Salerni.

Ma nel corso delle udienze si è visto che qualcosa poteva effettivamente cambiare questa volta bella valutazione dello sfruttamento del lavoro in provincia di Latina.

All'udienza in cui è la vittima è stata sentita, c'era, quasi come scorta civile, venti braccianti e Marco Omizzolo, il sociologo che da anni segue il fenomeno del caporalato. Que giorno hanno accompagnato (letteralmente) la parte offesa e sono rimasti per tutta la durata dell'escussione. Dichiarazioni che hanno segnato il dibattimento.

Ieri mattina l'ultimo tassello del processo ed entro 90 giorni è prevista la pubblicazione delle motivazioni che potrebbero rappresentare una ricostruzione del caso specifico nonché del quadro di insieme in cui si colloca questa storia, dove un lavoratore viveva senza diritti e (allora sembrava) senza speranze. «E' un importantissimo risultato per questo bracciante e per molti altri che anocra non trovano la forza di dneunciare», ha commentato l'avvocato Salerni.

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