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Il processo

Omicidio di Willy Monteiro Duarte, ultimo atto in Cassazione

Oggi la Corte chiamata a decidere sui ricorsi di difesa e accusa, la Procura Generale chiede un nuovo processo per cancellare le attenuanti e ottenere l'ergastolo per i fratelli Bianchi

Omicidio di Willy Monteiro Duarte, ultimo atto in Cassazione

Omicidio di Willy Monteiro, parola alla Cassazione. Si discutono oggi davanti alla I sezione penale della Suprema corte i ricorsi contro la sentenza d'appello, depositati dalla procura regionale e dagli avvocati difensori.
Sotto accusa, per omicidio volontario (con dolo eventuale), ci sono i quattro giovani di Artena, i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, nonché Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. In appello i due "gemelli", così venivano chiamati per la loro somiglianza, avevano ottenuto la riduzione dall'ergastolo, comminato dalla Corte d'assise di Frosinone, a 24 anni, mentre per il resto erano stati confermati 23 anni a Belleggia e 21 a Pincarelli.

Willy Monteiro Duarte, 21 anni, aiuto cuoco in un ristorante di Artena, fu ucciso a calci e pungi, a Colleferro, nella zona della movida, nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020. Era intervenuto in difesa di un amico in difficoltà proprio nel momento in cui in piazza sopraggiungeva l'auto, al Q7, con i fratelli Bianchi, richiamati, secondo l'accusa dagli amici in difficoltà. Per questo gesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito a Willy la medaglia d'oro al valor civile. Ai suoi funerali partecipò l'allora premier Giuseppe Conte. In onore del ragazzo di origini capoverdiane è stato creato il daspo Willy per allontanare i violenti dai locali. Secondo il sostituto procuratore generale Bruno Giangiacomo e il procuratore generale facente funzioni Salvatore Vitello che hanno firmato il ricorso, è «contraddittoria la concessione delle attenuanti generiche a Gabriele e Marco Bianchi da parte della Corte di assise di appello di Roma». Da qui la richiesta di «annullamento della sentenza stessa, con rinvio ad altra sezione della Corte d'assise di appello di Roma per un nuovo giudizio». La richiesta della pubblica accusa è di ripristinare l'ergastolo. La procura generale evidenzia che «l'aggressione, cui hanno preso parte tutti gli imputati, era realizzata con inaudita e insensata violenza protrattasi per circa 40/50 (lunghi) secondi». Nel graduare la pena, il ragionamento dei giudici di secondo grado è stato il seguente: poiché il dolo eventuale è meno intenso del dolo diretto e del dolo intenzionale - si legge nel ricorso - vanno riconosciute le attenuanti generiche altrimenti si arriverebbe alla conseguenza di applicare la medesima pena (la massima) per casi diversi. La procura generale, però, osserva come «tale ragionamento» sia «in contrasto con le norme in materia di omicidio» quanto alla «pena massima per l'omicidio determinato dal motivo futile, a prescindere dalla forma di dolo, e, soprattutto, con le norme in materia di circostanze del reato». Ovvero, insiste l'accusa si arriverebbe a concedere le generiche con un «automatismo... non previsto dal legislatore» e a una conclusione «confondendo la "forma del dolo" con la "intensità del dolo"».
Venendo al fatto, il pg rileva: «l'azione delittuosa diventa via via sempre più intesa, 4 persone contro 1; non più solo un colpo tecnico micidiale sferrato a un ragazzo che non c'entrava nulla, ma una pluralità di colpi violentissimi sferrati contro un soggetto a terra inerme».

E ancora: «gli imputati, nel momento in cui si scagliano contro Willy, non solo aderiscono alla condotta inizialmente realizzata da Gabriele Bianchi (connotata dalla presenza del dolo eventuale), non solo non desistono mai (nonostante ne abbiano occasione, visto il lasso di tempo trascorso) ma anzi, intensificano la condotta; lo fanno agendo in 4 contro 1, proseguendo per tutto questo tempo a martoriare Willy, infierendo su un corpo che, sin dai primi secondi, già appariva totalmente remissivo». E dunque, se è una condotta che «si va a intensificare progressivamente; ecco perché i 40/50secondi sono lunghi, perché di essi si avvalgono ben quattro persone che sinergicamente e vigliaccamente agiscono contro una persona aumentando inevitabilmente il potenziale della condotta lesiva». Sui tempi dell'azione violenta, brevi o lunghi, il pg nota «una contraddizione intrinseca della sentenza».

Di tutt'altro avviso, invece, i difensori dei fratelli Bianchi e di Belleggia e Pincarelli, avvocati Vanina Zaru, Valerio Spigarelli e Ippolita Naso, Vito Perugini e Loredana Mazzenga, che ritengono sproporzionate le condanne e chiedono, sin dal primo grado, di far cadere l'accusa di omicidio volontario. I Bianchi hanno sempre negato di aver colpito Wily, così come gli altri due di aver sferrato dei calci al ragazzo quando era a terra. Contestata dalle difese anche l'attendibilità dei testimoni valorizzati a sostegno delle condanne. Come anche, per la difesa di Gabriele, la mancata acquisizione degli elementi a supporto della ricostruzione alternativa addotta e le carenze nell'individuazione della causa di morte. Tra i motivi di nullità della sentenza avanzati dalla difesa Pincarelli anche l'impatto mediatico della vicenda e il mancato ritrovamento di tracce genetiche sugli anelli. Per la difesa Belleggia contestata l'inattendibilità dei testi che avrebbero ridimensionato il ruolo dei Bianchi a scapito dell'assistito.

Parte civile per la famiglia Willy gli avvocati Domenico Marzi e Vincenzo Galassi. Il giorno precedente alla sentenza d'appello, la madre del ragazzo di Paliano aveva detto: «Willy non è morto per salvare un amico come è stato detto. Ma è morto per la strada sbagliata, piena di violenza che hanno intrapreso questi ragazzi e io mi sento in dovere, come mamma, di dire che là fuori ci sono tanti ragazzi che fanno questa vita, e ci sono tante mamme e papà, come me e Armando, che piangono per aver perso un figlio. Willy non è morto perchè ha sbattuto la testa. Qualcuno lo ha picchiato. Spero che gli imputati si rendano conto di aver detto cose sbagliate altrimenti escono dal tribunale e continuano a fare lo stesso».

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