Il caso
14.05.2024 - 11:00
Il provvedimento di sequestro dell’edificio di Borgo Piave riconducibile all’ex Consigliere comunale Vincenzo Malvaso ha superato la valutazione di legittimità, trovando una prima conferma nella decisione dei giudici del Tribunale del Riesame che hanno respinto il ricorso col quale la difesa dell’imprenditore invocava l’annullamento dell’atto emesso dal giudice per le indagini preliminari, a fine marzo, sulla base degli accertamenti svolti dai Carabinieri del Gruppo Forestale nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura per fare luce sulla riapertura del cantiere dieci anni dopo il primo sequestro. Entro novanta giorni saranno depositate le motivazioni.
La vicenda affonda le radici nella precedente inchiesta, quella che aveva già portato a una condanna in primo grado, con rito abbreviato, sia per Malvaso che per l’allora assessore all’urbanistica Giuseppe Di Rubbo, rispettivamente a un anno e otto mesi il primo, un anno il secondo, per i reati di abuso d’ufficio e violazione delle norme in materia urbanistica. In quel caso il giudice per l’udienza preliminare aveva deciso anche per l’abbattimento dell’edificio, che oltretutto era stato realizzato in virtù di un permesso di costruire delegittimato dall’annullamento della variante al Piano particolareggiato del quartiere Borgo Piave. Nel frattempo però la giustizia amministrativa aveva dato ragione all’imprenditore politico, annullando l’ordinanza di demolizione che fu emessa dal Comune dopo l’annullamento del Ppe, erroneamente senza prima ritirare la licenza edilizia. Una sentenza del Tar contro la quale l’ente municipale non aveva presentato ulteriore ricorso.
Alla luce di quest’ultimo passaggio, la società di Vincenzo Malvaso aveva ripreso i lavori con la convinzione che l’edificio fosse ormai in regola, avviando l’opera di completamento attraverso una Scia. Le verifiche compiute dai Carabinieri forestali del Nipaaf hanno invece consentito di rilevare una prima macroscopica, presunta, violazione perché la Segnalazione certificata di inizio attività costituisce una variante al permesso di costruire, che nel frattempo ha perso la sua efficacia con l’annullamento del Ppe di Borgo Piave, ossia lo strumento urbanistico vigente al momento del suo rilascio. Oltretutto costituirebbe un illecito anche la realizzazione di lavori nell’edificio per il quale il giudice in primo grado ha disposto la demolizione, tenendo conto che il caso è ancora al vaglio della Corte d’Appello e Malvaso ha rinunciato alla prescrizione. Intanto gli investigatori del Gruppo Forestale dell’Arma stanno lavorando per valutare anche le eventuali responsabilità del tecnico comunale che era chiamato a esaminare la Scia.
Tutto questo senza dimenticare che restano i dubbi sulla legittimità della volumetria a disposizione dell’imprenditore: la variante del Ppe annullata conferiva il triplo della cubatura prevista dal vecchio piano regolatore, quindi non è chiaro se la proprietà sia in grado di portare a termine l’opera con quei valori in assenza di un nuovo studio del comparto edilizio di Borgo Piave. Un nodo che il Comune, nell’arco di dieci anni, non ha mai sciolto.
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