Il fatto
28.06.2024 - 11:30
Ieri davanti al giudice per l’udienza preliminare Laura Morselli è stato discusso il caso dei sei carabinieri accusati dal collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo di avergli ceduto droga e concesso protezione in cambio delle informazioni che forniva loro per compiere arresti quando era un informatore delle forze di polizia, prima del pentimento. Il pubblico ministero Valentina Giammaria titolare dell’inchiesta ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio per tutti, mentre i difensori hanno invocato il non luogo a procedere smontando punto su punto le imputazioni e l’inchiesta stessa, non solo lacunosa, ma viziata da una serie di evidenti contraddizioni, quelle in cui è caduto facilmente il pentito, e omissioni, o meglio indagini superficiali, nell’attività di verifica delle sue dichiarazioni. L’udienza è stata rinviata al prossimo mese di ottobre, quando il collegio difensivo dovrà ultimare le discussioni.
Dopo il sostituto procuratore Giammaria, hanno preso la parola gli avvocati Alessandro Mariani, Gianmarco Conca, Giulio Mastrobattista e Oreste Palmieri che hanno messo in luce i numerosi limiti dell’inchiesta. Ne è emerso un quadro imbarazzante, quello di un’indagine condotta senza individuare i macroscopici errori e le contraddizioni del collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo quando accusa i carabinieri con i quali aveva avuto rapporti confidenziali in due periodi diversi. Inoltre l’avvocato Mariani aveva già depositato una serie di filmati estrapolati dai social network nei quali Zuppardo adotta comportamenti disdicevoli e mostrava persino la località dove vive sotto protezione, ossia Riva del Garda. In uno dei video da lui condivisi su Tik Tok, avrebbe persino lanciato pubblicamente nuove accuse, infondate, verso i militari che lo avrebbero intimorito in occasione di una delle ultime udienze alle quali aveva era intervenuto fisicamente e non attraverso il collegamento video come ieri. Agli atti c’è anche un audio registrato, da due carabinieri imputati, durante una conversazione con Zuppardo, quando lui aveva comunicato l’intenzione di collaborare con la giustizia e loro non erano apparsi per nulla preoccupati come invece avrebbero potuto fare se le sue successive accuse verso di loro fossero state fondate, anzi lo invitavano a dire tutto in maniera corretta.
Non solo Zuppardo sbaglia clamorosamente collocando alcuni carabinieri in vicende alle quali erano estranei perché in servizio altrove, ma gli investigatori e gli stessi inquirenti che avevano lavorato per verificare le sue dichiarazioni non hanno compiuto le verifiche necessarie, ad esempio interrogando o peggio indagando tutti quei carabinieri che erano presenti durante le operazioni antidroga durante le quali, i militari imputati, avrebbero commesso i reati occultando la droga che poi avrebbero consegnato all’informatore in cambio della “dritta”. L’avvocato Mariani ha inoltre chiesto che venga valutata l’imputazione dell’ufficiale dei Carabinieri di Roma che indagava sui militari pontini e ha trascritto un’intercettazione dubbia, ma soprattutto non ha attivato i riscontri immediati del caso: era il caso di una perquisizione in casa di un pusher di Sezze avvenuta durante le indagini, finita tra i capi d’imputazione col sospetto che i carabinieri avessero nascosto un chilo di cocaina trovata e sottratta al sequestro. Secondo chi intercettava, un brigadiere ora imputato, parlando al telefono col superiore, avrebbe detto “nascondi i panini” riferibile alla droga invece di “a condì i panini” come effettivamente ha invece detto perché il blitz era finito da un pezzo e in caserma stavano pranzando, circostanza provata dallo scontrino, recuperato durante le indagini difensive, relativo all’acquisto di pane, affettati e bevande. Per quel fatto il pm ha chiesto la trasmissione della registrazione dell’udienza in procura e il giudice si è riservato, perché l’avvocato Mariani ha ravvisato un caso di omissione d’atti d’ufficio, in quando l’investigatore addetto all’intercettazione non ha comunicato al sostituto procuratore quello che stava ascoltando e non ha attivato l’irruzione per verificare che effettivamente i panini di cui sentiva parlare fossero droga come ha poi sospettato. Ma questo è solo un esempio delle numerose verifiche mancate in un’inchiesta orfana di indizi concreti.
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