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Il caso

Omicidio Moro: i pm impugnano le assoluzioni, chieste le aggravanti

Dopo il deposito delle motivazioni i magistrati presentato ricorso in Appello Contestano l’esclusione di alcune aggravanti

Omicidio Moro: i pm impugnano le assoluzioni, chieste le aggravanti

I pm hanno impugnato le due assoluzioni e puntano per la posizione dei due imputati condannati a 20 anni sull’aggravante della premeditazione, dei motivi abietti e futili, escluse dalla Corte d’Assise di Latina. I pubblici ministeri Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri della Dda hanno presentato ricorso in Corte d’Assise d’Appello per l’omicidio di Massimiliano Moro, ucciso nel suo appartamento di Largo Cesti nel gennaio del 2010 in quella che gli inquirenti hanno definito «Guerra criminale pontina».

Secondo i pm, il collaboratore di giustizia Andrea Pradissitto è attendibile - osservano nel ricorso - e chiedono la condanna per gli imputati. Per quanto riguarda la premeditazione - i magistrati inquirenti hanno sostenuto - che l’omicidio era stato pianificato in ospedale al Santa Maria Goretti di Latina, poche ore dopo l’agguato in via del Pantanaccio a Carmine Ciarelli. Lo scorso marzo la Corte d’Assise del Tribunale di Latina aveva assolto per non aver commesso il fatto Antongiorgio Ciarelli e Ferdinando Pupetto Di Silvio, a fronte di una richiesta di condanna di 30 anni. La Corte d’Assise aveva condannato a 20 anni Simone Grenga, ritenuto l’esecutore materiale del delitto e Ferdinando Macu Ciarelli che secondo gli inquirenti ha coordinato l’azione.

L’accusa aveva chiesto l’ergastolo. In un passaggio i magistrati sostengono che: «la Corte d’Assise ha condiviso in modo pressocché integrale l’ interpretazione delle prove riaffermando la credibilità - hanno scritto i pm - il contesto mafioso in cui è maturato il proposito omicidiario».

Il collegio difensivo dei due imputati condannati, rappresentato dagli avvocati Marco Nardecchia, Italo Montini, Massimo Frisetti, ha impugnato le condanne in Corte d’Appello per i propri assistiti. Gli altri due imputati sono difesi dagli avvocati Alessandro Farau ed Emilio Siviero. Il collegio difensivo punta su una serie di elementi a partire dall’inattendibilità dei collaboratori, fino all’esclusione dell’aggravante a partire da un presupposto: l’associazione non sarebbe di natura mafiosa e al momento dell’omicidio il sodalizio non esisteva.

Nelle motivazioni i giudici della Corte d’Assise di Latina avevano messo in evidenza le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, da Renato Pugliese ad Agostino Riccardo fino al terzo pentito: Andrea Pradissitto: «Ha riferito che l’omicidio è stato una ritorsione di alcuni componenti della famiglia Ciarelli per il tentato omicidio di Carmine Ciarelli», aveva scritto il Presidente della Corte d’Assise di Latina Gian Luca Soana. Il nucleo centrale delle motivazioni aveva riguardato proprio il narrato dei pentiti. «Le dichiarazioni hanno trovato riscontro l’una nell’altra e in altri elementi acquisiti durante le indagini e il dibattimento» aveva osservato la Corte d’Assise. A marzo la sentenza, adesso il ricorso in Corte d’ Assise d’Appello. La data del processo ancora non è stata fissata.

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