Cerca

Il quadro

Caso di via Piave, condanna a sei mesi per Malvaso

La sentenza della Corte d’Appello per le violazioni urbanistiche. Assolto dall’abuso d’ufficio per la riforma Nordio

Caso di via Piave,  condanna a sei mesi per Malvaso

Condanna di sei mesi - con la sospensione della pena - per l’ imprenditore Vincenzo Malvaso, ex consigliere di Forza Italia del Comune di Latina. Era imputato per la vicenda del Palazzo di via Piave finita al centro di una inchiesta della Procura e dei Carabinieri del Nipaaf del Gruppo Forestale di Latina. E’ questa la sentenza emessa ieri dalla Corte d’Appello di Roma. Dall’accusa di abuso d’ufficio Malvaso è stato assolto perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato in base alla riforma Nordio.
La condanna riguarda il reato di violazione in materia urbanistica. In primo grado la sentenza era stata emessa nel luglio del 2017 dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina Pierpaolo Bortone nell’ambito di un’inchiesta condotta dal pubblico ministero Gregorio Capasso.
La condanna era stata di un anno e otto mesi (l’imprenditore aveva scelto il rito abbreviato, un giudizio previsto dal codice che prevede la riduzione di un terzo della pena), e una volta depositate le motivazioni la difesa aveva presentato ricorso in Corte d’Appello.
Nella stessa inchiesta era imputato anche l’attuale coordinatore provinciale di Forza Italia, Giuseppe Di Rubbo, assolto in Corte d’Appello lo scorso 16 settembre dal reato di abuso d’ufficio per l’entrata in vigore della riforma Nordio.
Nel corso della precedente udienza era stata acquisita - su richiesta della difesa di Malvaso - l’assoluzione del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina confermata dalla Corte d’Appello per rinuncia all’appello della procura generale del processo Olimpia, dove Malvaso era imputato ed era uscito di scena con l’assoluzione. Gli investigatori avevano contestato l’illegittimità della procedura di approvazione dei piani. «La violazione di legge è consistita nella inosservanza di una chiara norma», aveva scritto il giudice Pierpaolo Bortone nelle motivazioni della sentenza per l’edificio di via Piave, ricostruendo la storia di quell’area dove era stato costruito l’edificio. Il magistrato aveva ripercorso i fatti partendo dal Ppe di Borgo Piave e da una delibera del 1987. In Corte d’Appello l’imprenditore, rappresentato dall’avvocato Renato Archidiacono, aveva rinunciato alla prescrizione. «In virtù dell’altro procedimento sempre di via Piave che aveva rideterminato il sequestro che sembra un processo già morto, visto che l’udienza pre dibattimentale è fissata per il 2026. Siamo fiduciosi delle nostre buone ragioni in considerazione del fatto che per tutti gli altri piani in merito alla vicenda del procedimento Olimpia, è stato assolto perchè il fatto non sussiste», ha detto l’avvocato Renato Archidiacono. «Leggeremo le motivazioni della sentenza e faremo ricorso», ha aggiunto.
Lo scorso maggio il Tribunale del Riesame di Latina aveva respinto il ricorso con cui veniva chiesto l’annullamento del sequestro scattato a fine marzo del 2024 sulla base degli accertamenti svolti dagli investigatori nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura per fare luce sulla riapertura del cantiere dieci anni dopo il primo sequestro.
Una volta depositate le motivazioni la difesa ha annunciato ricorso davanti ai giudici della Suprema Corte.

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione