Il caso
09.02.2025 - 09:30
I giudici del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio hanno confermato per ora il provvedimento con il quale il Ministero dell’Interno ha revocato il programma speciale di protezione all’ormai ex collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo per gli atteggiamenti provocatori durante le udienze, ma soprattutto per l’irrituale esposizione della sua persona attraverso il social network Tik Tok con dirette nelle quali si è mostrato in volto e ha persino rivelato dettagli utili alla localizzazione del suo domicilio sotto copertura. In attesa che il suo ricorso venga valutato nel merito, infatti, il collegio dei giudici della sezione Prima Ter ha respinto la domanda di sospensione cautelare dell’atto con il quale la Commissione Centrale, in occasione della riunione del 25 settembre scorso, ha estromesso il latinense di 48 anni dai benefici derivanti dal suo “pentimento”.
L’ordinanza assunta in forma collegiale dal Tar di Roma risale allo scorso martedì 28 gennaio, quando appunto è stata respinta la domanda cautelare e lo stesso Maurizio Zuppardo è stato condannato al pagamento delle spese della prima fase del giudizio amministrativo quantificata in mille euro. I giudici amministrativi hanno rilevato che l’ex collaboratore «si è reso responsabile di plurime violazioni comportamentali, in contrasto con lo status rivestito, nonostante le ripetute diffide».
Quindi hanno tenuto conto dei pareri della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che avevano valutato in maniera favorevole la revoca del programma speciale di protezione, riconoscendo che non c’erano i presupposti giuridici della sospensione cautelare del provvedimento. Al tempo stesso il Tar di Roma ha tenuto conto del fatto che Zuppardo e i suoi familiari più a rischio saranno sottoposti ancora, per un certo periodo, alle misure ordinarie di protezione adeguate al livello di rischio, com’è previsto per tutti gli ex pentiti in una prima fase successiva alla conclusione della collaborazione della giustizia.
Nel suo caso pesa e non poco la valutazione della Dda di Roma, che aveva censurato il suo comportamento, tanto da condizionare la decisione sulla revoca dei benefici, osservando come «i comportamenti disdicevoli evidenziati e documentati dai difensori degli imputati dei processi in corso, non contribuiscono a fornire un quadro di incontrovertibile serietà e credibilità al soggetto... Pertanto l’accertata propensione a comportamenti di prevaricazione e anche al mendacio dello Zuppardo può porre in prospettiva problemi in ordine alla stessa tenuta delle sue dichiarazioni e alla attendibilità intrinseca del collaboratore».
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione