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L'intervento

Una seconda prova d’altri tempi o un’occasione mancata per il futuro della didattica?

Il coordinatore della Mathesis di Latina Proietti, critica alla seconda prova del liceo scientifico: “Ripetitiva, meccanica, senza spazio per intuizione e creatività"

Una seconda prova d’altri tempi o un’occasione mancata per il futuro della didattica?

Gianmarco Proietti, docente e coordinatore della Mathesis di Latina, rompe il silenzio e affonda il colpo contro la seconda prova di Matematica della Maturità 2025. In una lettera che è insieme analisi tecnica e atto d’accusa, smonta pezzo per pezzo una traccia giudicata vecchia, muscolare, ripetitiva. Altro che pensiero critico: “È il trionfo della Matematica da eserciziario”, scrive, “quella che addestra ma non fa pensare”. Una presa di posizione netta, che fa discutere e rilancia un interrogativo cruciale: cosa deve davvero valutare la scuola di oggi?

"C’è qualcosa di profondamente stonato nella seconda prova di Matematica dell’Esame di Stato 2025 per il liceo scientifico. Non è solo la sua lunghezza, che di per sé potrebbe anche essere un’opportunità. È la direzione. È il segnale. È l’idea di Matematica che questa prova trasmette: vecchia, ripetitiva, meccanica, lontana da quel pensiero libero e liberante che la scienza delle scienze potrebbe offrire.

I due problemi proposti sono emblematici. Il primo si apre con una citazione di Cartesio, che parla della meraviglia di scoprire ordine anche nel disordine. Ma tutto ciò che segue è l’opposto: un esercizio geometrico rigido e didascalico, in cui si costruirà un quadrato (battezzato AMOR, come una cartolina vintage) inscritto in una semicirconferenza, per poi calcolare aree e lunghezze di archi. Una batteria di operazioni che non stimola intuizione né connessioni: solo calcolo. Il secondo problema, introdotto da Platone ("la bellezza è mescolare, in giuste proporzioni, il finito con l’infinito"), propone due funzioni esponenziali con due polinomi di secondo grado come fattori da determinare leggendo il grafico, parte che sarebbe anche interessante se quei grafici rappresentassero le evoluzioni di qualche fenomeno da poter interpretare, invece poi tutto si riconduce ad uno studio di derivata seconda, un confronto con rette e calcoli di aree, per ben due volte sulle stesse funzioni. Ancora una volta, niente che solleciti il pensiero modellizzante o una lettura del comportamento qualitativo della funzione. Manca persino un classico della prova di Matematica, proprio quel classico che inviterebbe ad uno studio qualitativo della funzione: il calcolo dei limiti. E in effetti, di comportamenti asintotici nemmeno l’ombra.

Colpisce anche la ridondanza delle richieste: due problemi con calcoli di area, due richieste di ricerca di massimi o minimi tramite derivata. È come se la prova volesse assicurarsi che, qualunque strada si prenda, si debba passare per forza attraverso il calcolo laborioso. Non una domanda che chieda “perché”, nessuna che metta alla prova la capacità di scegliere una strategia. Solo esecuzione. Certo, la possibilità di alcune valutazioni differenti era anche possibile, ma molto ristretta e soprattutto distante da come il testo è stato costruito e dunque presentato.

Ma la Matematica non è (solo) esecuzione. Nelle lezioni di Algebra all’Università, davanti a Gruppi Z 1033, ho imparato che un bravo matematico non è colui che sa fare i calcoli, ma colui che sa non farli. Che sa riconoscere simmetrie, trovare scorciatoie, pensare in modo elegante. Qui, invece, si è premiata la resistenza muscolare più che l’agilità mentale. È il trionfo della Matematica da eserciziario, quella che spinge gli studenti a ripetere e ripetere finché il gesto diventa automatico, ma non per questo intelligente.

E poi c’è il lato satirico, che viene da sé: basta con questa Matematica da Baci Perugina, con frasi epigrafiche – per quanto nobili – messe lì a introdurre problemi che ne sono del tutto slegati. Il quadrato AMOR del problema 1, poi, è quasi una caricatura involontaria: un richiamo al sentimento in una traccia che di “passione per la Matematica” ha ben poco. Non basta la sezione aurea e le sue implicite proprietà numeriche (slegate nel testo dalla dinamica estetica che svela il loro studio), se volevamo emozionarci, serviva una bella domanda aperta, non una semicirconferenza da sezionare. Neanche i quesiti hanno saputo sorprendere: dalla mera applicazione di formulette di Calcolo Combinatorio e Calcolo di Probabilità di prove ripetute (vedi libro a pagina…) e, di nuovo, calcolo di tangenti e ancora derivate e ancora calcoli.

In conclusione, questa seconda prova sembra voler dare l’addio definitivo alle competenze matematiche del presente: la modellizzazione, la lettura critica dei dati, l’approccio concettuale. Rimane una prova “ben fatta” nel senso ministeriale, cioè conforme al canone di ciò che si è sempre fatto. Ma è proprio questo il punto: abbiamo bisogno di rompere quel canone, non di ripeterlo.

Perché una scuola che si limita a misurare chi sa fare bene i conti, è una scuola che rinuncia a formare a pensare davvero".

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