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Il fatto

Pedofilia, caposcout condannato: sette anni di reclusione

Simone Di Pinto, accusato di abusi su minori. La sentenza del Gip di Roma accoglie gran parte delle richieste del pm

Pedofilia, caposcout condannato: sette anni di reclusione

Sette anni di reclusione, 26mila euro di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici e dal lavoro con i minori, più un anno di misura di sicurezza dopo la detenzione. È la condanna inflitta dal Gip del Tribunale di Roma Angela Gerardi a Simone Di Pinto, 25 anni, ex aiuto capo del gruppo scout Agesci Terracina 3, accusato di gravissimi reati a sfondo sessuale e pedopornografico nei confronti di minori.
La sentenza è arrivata al termine dell’udienza di ieri, 11 luglio, al termine della discussione difensiva e della camera di consiglio.
L’imputato, detenuto ai domiciliari con autorizzazione a frequentare l’università a Latina, aveva scelto il rito abbreviato subordinato al deposito di una consulenza psicologica di parte.
Il giudice ha riconosciuto la responsabilità dell’imputato per una serie di reati gravissimi: pornografia minorile, anche aggravata, violenza sessuale su un bambino di 10 anni, stalking e estorsione ai danni di un minore, possesso di 292 video a contenuto pedopornografico.
Secondo le accuse sostenute dal pm Bonfanti, Di Pinto avrebbe sfruttato il suo ruolo nel gruppo scout e la fiducia riposta in lui dalle famiglie per attuare un’attività definita «predatoria». Il magistrato aveva chiesto 8 anni.
A costituirsi parte civile erano stati il Garante dell’Infanzia e Adolescenza della Regione Lazio, il gruppo scout Agesci Terracina 3, l’associazione Rete L’Abuso e altre sigle, insieme a quattro famiglie delle vittime. Per ognuna delle famiglie è stato disposto un risarcimento di 5mila euro, e 2mila euro a testa per le associazioni. Le spese legali saranno rifuse all’intero collegio delle parti civili rappresentate dall’avvocato Pasquale Lattari.
«Le famiglie non hanno provato gioia per la condanna - ha commentato l’avvocato - ma la consapevolezza di aver impedito che il responsabile potesse continuare nella sua condotta». Nessuna delle famiglie ha accettato offerte risarcitorie dall’imputato, in assenza, hanno spiegato, di una reale assunzione di responsabilità. Soddisfatta per l’esito anche la Garante Monica Sansoni: «Il lavoro immediato del Centro antiviolenza per minori e la collaborazione con Polizia Postale e magistratura hanno permesso di bloccare l’attività criminale e proteggere le vittime. Le parole della difesa che mi invitavano a “farmi gli affari miei” dimostrano quanto sia ancora necessario impegnarsi nella tutela dei minori».

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