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Il fatto

Villette nella cava a Cori, sentenza finale

Aveva costruito modificando la destinazione d’uso del terreno, alcune villette a schiera all’interno della ex cava di via Lago Vetere: la Cassazione conferma la condanna in Appello e la confisca

Villette nella cava a Cori, sentenza finale

Tre gradi di giudizio, nessuno favorevole a Marco Moroni. E’ infatti stata pubblicata la sentenza della Corte di Cassazione che mette la parola fine ad una vicenda che risale nel tempo e che riguarda la realizzazione di una serie di villette a schiera in via Lago Vetere, ai piedi della montagna usata come cava a Cori. Un terreno agricolo in cui alcune pertinenze, alcuni asseriti garage a servizio di un immobile vicino che si sarebbe faticato ad individuare, erano incredibilmente divenuti delle villette.

Non solo: quelle villette erano anche state rifinite e vendute senza che nessuno, in Comune, nella Polizia locale, sollevasse qualche obiezione. Anzi. Quella principale che forse si doveva sollevare, tralasciando anche il vincolo della destinazione d’uso, tralasciando magari anche il vincolo Zps, quello che tutela le zone di protezione poste lungo le rotte di migrazione dell’avifauna per cui sarebbe necessaria l’autorizzazione della Regione, poteva essere l’assenza di un immobile residenziale a cui “appoggiare” le pertinenze realizzate. E proprio sull’esistenza o meno dell’immobile, si è aperta una inchiesta portata avanti dalla Procura e affidata alla Forestale che intervenne. Vennero indagati il proprietario, Moroni, il responsabile dei lavori e l’allora dirigente del Settore Urbanistica che aveva rilasciato un cambio di destinazione contestato.

Come detto, nessuno si era accorto di nulla. Nessuno aveva effettuato dei controlli e preso atto delle opere abusive. Era il 2018 - tre anni dopo i lavori iniziati nel 2015 - quando, non la Polizia, non l’Ufficio Urbanistica o qualcun altro in Comune, ma l’ex sindaco Tommaso Bianchi inviò un esposto all’autorità inquirente proprio su quelle villette. Si aprì una inchiesta affidata dalla Procura al Nipaaf che portò all’apertura di un fascicolo a carico dei tre indagati chiuso nel 2019.

Moroni, in Appello era stato condannato a 8 mesi di reclusione e 35mila euro di ammenda - con la pena sospesa - e soprattutto si era visto dichiarare la confisca del terreno e degli immobili. Immobili in cui nel frattempo alcuni cittadini erano entrati, avevano acquistato, magari avevano acceso un mutuo e che ora attendono di sapere quale sarà il loro futuro. Sì perché la sentenza che è passata in giudicato, nel dichiarare il ricorso addirittura inammissibile, senza entrare nel merito, conferma la condanna per Moroni, ma soprattutto la confisca del lotto interessato dalla lottizzazione abusiva.

Almeno tre famiglie a breve potrebbero vedersi portare via l’immobile in cui vivono e per provare a recuperare quanto speso, dovrebbero rivalersi sull’imputato, sempre che abbia le risorse.

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