Finto pacco bomba per un sottile avvertimento al genero di Romolo Di Silvio
Il plico sospetto trovato da Fabio Di Stefano, agli arresti in casa di Luca Troiani che venne ferito nella sparatoria del 2003, preludio dell'autobomba che uccise Ferdinando il "Bello"
Questa volta non è esplosa nessuna bomba, ma ciò che è successo ieri notte in via Mercurio, nel quartiere Pantanaccio, ha comunque il sapore dell’intimidazione, e di quelle piuttosto pesanti, sebbene sia stata consumata in maniera sottile. Perché tira in ballo, nel clima di tensione che sta vivendo la criminalità latinense nelle ultime settimane, una delle famiglie più in vista del clan Di Silvio. Poco dopo la mezzanotte di ieri infatti uno sconosciuto ha lasciato un pacco sospetto davanti al cancello di un’abitazione.
Solo più tardi si è scoperto che il plico era vuoto, ma gli accertamenti dei carabinieri sono culminati con l’intervento degli artificieri perché il contesto di attentati esplosivi consumati in altre zone della città, non lasciava escludere alcuna eventualità. Anche e soprattutto perché il pacco era stato confezionato in maniera tale da alimentare i dubbi sul suo contenuto: si trattava di una scatola simile a quella per le scarpe, avvolta dal cellophane con l’utilizzo di molto nastro isolante. Insomma, sembrava un imballo voluto per generare allarme sul possibile contenuto.
A destare allarme era la circostanza che all’interno dell’abitazione vivono personaggi di un certo spessore criminale. A dare l’allarme, infatti, uscendo nel cortile dopo avere sentito un’auto correre via sgommando, è stato Fabio Di Stefano, catanese di 35 anni genero del potente Giuseppe Di Silvio detto Romolo del quale è ritenuto uno dei gregari più fidati, sottoposto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta Scarface della Dda di Roma che lo descriveva come il referente dei traffici di droga per la sua famiglia, secondo gli inquirenti gestiti con metodo mafioso.
Ma il finto pacco bomba può essere interpretato come un inquietante avvertimento anche per un’altra ragione oltre alla circostanza che Fabio Di Stefano è stato ritenuto a lungo il reggente della fazione di Romolo, detenuto per l’omicidio di Fabio Buonamano del 2010. Lui e la moglie infatti vivono in casa di Luca Troiani, sposato con la zia della donna, ovvero la sorella dello stesso Romolo.
E soprattutto perché Troiani, detto il bombolaro, sebbene sia estraneo alle vicende criminali dell’ultimo ventennio, viene annoverato nelle ricostruzioni sui fatti salienti della mala latinense per il suo ferimento a colpi di pistola nel giugno del 2003, ritenuto l’antefatto dal quale è scaturito l’omicidio di suo cognato Ferdinando Di Silvio detto il bello, fratello di Romolo, morto il 9 luglio di quell’anno per gli effetti devastanti della bomba piazzata sotto al sedile della Fiat Uno che utilizzava, intestata allo stesso Troiani.
Insomma, provocare un allarme bomba davanti a quella precisa abitazione di via Mercurio, è un gesto che innesca un parallelismo scontato con i fatti del passato, gli stessi che provocarono una spaccatura insanabile negli ambienti della criminalità latinense, tanto da condizionare gli anni a venire fino all’escalation di vendette del 2010.