Salvo terremoti di grande intensità a ridosso delle coste, non sarà uno tsunami a crearci problemi. Non ce ne sarà bisogno, perché a mettere a rischio l'integrità di 33 diversi punti delle coste italiane ci penseranno i cambiamenti climatici, che da qui ai prossimi 80 anni provocheranno l'innalzamento del livello del mare anche oltre i due metri. Uno scenario realistico, tratteggiato nei giorni scorsi da un gruppo di esperti geomorfologi riuniti a Taranto per presentare uno strumento capace di prevedere con sufficiente anticipo cosa sta per accadere in fatto di meteorologia e dintorni.
Uno scenario in cui l'Agro Pontino e la Piana di Fondi, insieme a Venezia e al delta del Po la fanno da padroni, perché riconosciute come le zone maggiormente a rischio di inondazione dovuta all'innalzamento del livello del mare. Siamo i più esposti tra le aree a rischio che nei prossimi decenni potrebbero essere già tornate ad essere sommerse come un tempo; si tratta di 7.500 chilometri quadrati di territorio nazionale e, avvertono gli esperti, lo spettro del ritorno della palude si aggira sull'intera fascia pianeggiante della provincia di Latina. Una prospettiva poco incoraggiante per chi verrà dopo di noi e con cui le nuove generazioni dovranno fare i conti.

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