È la Conferenza Stato-Regioni "il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione". La Corte Costituzionale evidenzia così come per la riforma delle camere di commercio serva l'intesa in Conferenza Stato-Regioni.
La Consulta, con sentenza 261, ha dichiarato così illegittimo l'articolo 3 della norma (il decreto legislativo 219/2016) sul riordino delle funzioni, meglio conosciuto come fusione che riguardava anche quelle di Frosinone e Latina, e del finanziamento delle camere di commercio perché stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico sia adottato "sentita" la Conferenza Stati-Regioni e non "previa intesa" con la Stato-Regioni.
La Consulta spiega che le camere di commercio "svolgono compiti che esigono una disciplina omogenea in ambito nazionale" e "non compongono un arcipelago di entità isolate, ma costituiscono i terminali di un sistema unico di dimensioni nazionali che giustifica l'intervento dello Stato".
Inoltre viene rilevato che nel contempo i compiti delle camere di commercio "sono riconducibili a competenze sia esclusive dello Stato, sia concorrenti, sia residuali delle Regioni" che quindi vanno pienamente coinvolte in un processo di riforma attraverso la Conferenza Stato-Regioni.
A sollevare la questione sono state le regioni Puglia, Toscana, Liguria e Lombardia, i cui ricorsi sono stati riuniti ed esaminati insieme. Molti i rilievi sollevati dalle Regioni e non accolti dalla Consulta, che li ha giudicati in parte inammissibili, in parte non fondati.