Il Tar di Roma boccia il maxi ricorso promosso dalla Rida Ambiente contro le prescrizioni contenute nella modifica dell'Aia (autorizzazione integrata ambientale), confermando l'impossibilità per l'azienda di ricevere la parte umida dei rifiuti organici. La sezione Prima Quater del Tribunale amministrativo si è espressa sulla causa che va avanti da cinque anni, respingendo per una parte e dichiarando improcedibile dall'altra il ricorso presentato dalla società di Fabio Altissimi.
LA STORIA
La Rida Ambiente a gennaio 2013 contestò il mancato rilascio dell'Aia per poi - una volta autorizzata - segnalare dei presunti errori. Ma la Regione Lazio, dopo un ripetuto scambio di note, sottolineò la bontà delle proprie scelte. La contestazione principale di Rida Ambiente si basa principalmente sul mancato inserimento «nell'elenco dei rifiuti trattabili del codice Cer 20.01.08», quello relativo all'organico che per l'azienda sarebbe essenziale per la produzione di Css. La battaglia è proseguita fino al 2017 quando, a seguito delle diffide di Regione e Provincia, è stato vietato all'impianto di trattare l'organico. La Regione ha invece sostenuto come, con le richieste di «errata corrige», l'azienda volesse in modo surrettizio utilizzare i rifiuti con i codici omessi in un processo diverso da quello previsto in origine, evitando di effettuare adeguate valutazione tecniche. E ha negato che Rida fosse mai stata autorizzata a utilizzare l'organico per la produzione di combustibile solido secondario (Css). L'ente ha spiegato come nel piano rifiuti compaia come impianto di trattamento meccanico biologico (prima essicca e poi separa) che tratta indifferenziato, da un lato riducendo gli scarti che vanno in discarica e, dall'altro, minimizzando la carica batteriologica tramite bioessiccazione. Ma il contrasto principale ha riguardato le linee di produzione: il ricorrente ha sostenuto che sono stati questi provvedimenti a imporre un'illegittima modifica all'Aia che, fin dal 2012, comprenderebbe tale rifiuto nell'unica linea di produzione; viceversa la Regione ha sostenuto l'introduzione di organico solo nella linea 1, con un diverso processo produttivo, soppressa arbitrariamente dalla Rida che ha convogliato nella seconda linea anche il Cer 20.01.08, che risulta però incompatibile. Mescolando l'indifferenziato e l'organico (rifiuto che proviene dalla differenziata) si contaminerebbe un rifiuto pulito, né sarebbe ammissibile utilizzarlo come combustibile per innescare la reazione aerobica.
LA SENTENZA
E il collegio (presidente Salvatore Mezzacapo, estensore Laura Marzano) ha ritenuto corretta l'impostazione della Regione, anzi in alcuni passaggi è stato durissimo con l'azienda rimarcando come si tratti «di una dichiarazione pienamente confessoria del fatto che Rida Ambiente fin dal 2010, in assenza di qualunque atto autorizzativo, ha modificato il sistema di trattamento dei rifiuti sopprimendo la linea 1» e di come emerga la «consapevolezza» del tecnico redattore il conferimento in entrata di tutti i codici Cer nella seconda linea rappresentasse una modifica sostanziale. Nell'istanza del dicembre 2012 non c'era una richiesta per il trattamento di organico nella seconda linea ma un incremento del 10% delle quantità. Mentre solo nella relazione tecnica allegata è stato affermato che Rida, fin dal 2010, trattava tutto l'organico nella seconda linea, ormai dedicata al trattamento dei rifiuti solidi per produrre Css.
Il Collegio ha ribadito che l'unica modifica che si può basare su un silenzio-assenso è quella non sostanziale, non un'istanza che stravolge il processo produttivo come quello attuato sopprimendo una linea. L'istanza poggia «su un errato presupposto, pretendere come approvata una modifica della quale, in realtà, non è mai stata chiesta apertis verbis l'autorizzazione, solo perché meramente descritta in allegati tecnici». Per il tar l'azienda ha tentato di ottenere una modifica sostanziale in maniera non conforme alle procedure di legge, inserendo nella relazione tecnica una rappresentazione dell'attività diversa da quella autorizzata. E per i giudici anche il superamento dei limiti in uscita e, soprattutto, la questione del diverso rifiuto in uscita, è «diretta conseguenza della diversa e non autorizzata metodica di trattamento nell'unica linea».
Una sentenza pesantissima per Rida Ambiente, visto che il Tribunale spiega che dovrà essere ora la Regione a valutare se sia possibile rilasciare, un permesso «temporaneo e circostanziato all'utilizzo dell'impianto, secondo la metodica già in esercizio nelle more dell'adozione dell'autorizzazione definitiva, che l'azienda dovrà impegnarsi a chiedere, pena il fermo dell'impianto».
La sentenza
Rida Ambiente, il Tar respinge il ricorso contro le prescrizioni della Regione
Aprilia - I giudici: «L’azienda ha mascherato uno stravolgimento del processo produttivo dietro l’istanza di modifica non sostanziale»