Nessun reato da parte del sindaco (di allora e di oggi) Armando Cusani per la "rimozione" dell'ex comandante dei vigili urbani di Sperlonga.
Lo ha sentenziato la Corte di Cassazione, alla quale il primo cittadino si è appellato nonostante i reati siano stati dichiarati prescritti già nel giudizio di appello.
Cusani, però, convinto della propria innocenza, ha voluto adire anche i giudici di legittimità.
E alla fine l'ha spuntata: ribaltato totalmente il giudizio di primo grado, come fa sapere in una nota l'avvocato Corrado de Simone, difensore del sindaco insieme all'avvocato Luigi Panella del foro di Roma.
Dal Tribunale di Latina Cusani era stato condannato a un anno e due mesi di reclusione, pena sospesa, e la pronuncia, trattandosi di abuso d'ufficio, gli era costata la seconda sospensione per la legge Severino.
Reintegrato nel ruolo di presidente della Provincia e consigliere comunale di Sperlonga dopo la prima sospensione (decaduta perché intervenuta la prescrizione del reato di abuso d'ufficio per le vicende dell'hotel "Grotta di Tiberio"), nel 2013 Cusani è stato "allontanato" nuovamente dal prefetto per la condanna di primo grado poi è intervenuta la prescrizione in appello relativa alla "rimozione" dell'ex comandante.
L'iter giudiziario è andato avanti fino al terzo grado.
La sesta sezione penale della Cassazione, con dispositivo di sentenza emanato all'udienza del 20 marzo, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, «perché i fatti reato ascritti ai ricorrenti non sussistono».
Revocate anche le statuizioni civili adottate a carico dei medesimi ricorrenti.
Duro il commento dell'avvocato Corrado de Simone, che nella nota divulgata ieri scrive che la sentenza del Tribunale di Latina ha causato in primis erano diversi gli imputati ad Armando Cusani, «amministratore dotato di non comune capacità e competenza», «danni estremamente gravi, diretti e indiretti e per larga parte irreversibili» dei quali «presumibilmente a ciascuno dei responsabili» verrà chiesto «di rispondere nelle sedi competenti».
Il legale, che plaude alla Cassazione per la pronuncia resa «astraendosi da logiche di parte e da non consentiti coinvolgimenti emotivi e/o parapolitici», ricorda poi il contenzioso amministrativo sorto per la medesima vicenda, vinto dal Comune di Sperlonga.
«Sull'amministrazione comunale conclude incombe ovviamente il dovere di condurre la questione a integrale definizione anche per quanto riguarda i profili disciplinari a suo tempo contestati alla dipendente».