La spiaggia non c'è più. I proprietari di abitazioni e strutture ricettive di parte del litorale di Fondi, nella zona del Salto, si sono trovati con il mare dentro casa e soprattutto sono stati costretti (e lo sono ancora oggi) a fare i conti con danni pazzeschi. Tanto che hanno deciso di rimboccarsi le maniche e, in attesa di interventi più consistenti (in cui comunque i privati sono pronti a fare la propria parte), hanno presentato un progetto alla Regione per cercare di salvare il salvabile.


La natura presenta il conto
Negli elaborati tecnici si evidenziano le cause che hanno portato a questa situazione, in cui - si legge - la spiaggia è «praticamente scomparsa». Ma quelli di oggi non sono che gli effetti di interventi poco oculati del passato. A partire dagli anni Ottanta. La parziale "demolizione" delle dune, le opere rigide a difesa della costa che interferiscono con la mobilità dei sedimenti e la progressiva cementazione di sicuro non hanno agevolato l'ambiente. Si sono creati degli squilibri e le ultime mareggiate stanno compromettendo anche la stabilità dei manufatti esistenti, posti a protezione delle proprietà. E questo senza contare i possibili danni, qualora non si corresse ai ripari tempestivamente, per gli operatori balneari: la spiaggia è ormai inesistente, con conseguenti rischi anche per la pubblica incolumità. È anche il Comune di Fondi a evidenziare alla Regione le tante criticità all'interno di una relazione allegata ai documenti presentati per la verifica dell'assoggettabilità a Via (verifica di impatto ambientale). Basti pensare che nel solo mese di marzo sono state emesse cinque ordinanze a carico di privati per la messa in sicurezza.


Una soluzione «tampone»
I privati sono pronti ad accollarsi le spese di un primo intervento, definito a «basso impatto ambientale» e possibile da realizzare in tempi brevi. Si tratta, in buona sostanza, di installare una barriera di palancole in Pvc, da piantare a una profondità di 4-5 metri. Una barriera contro la forza delle onde, che non andrebbero più a «mangiare» la spiaggia. Ma - si legge nella relazione del geologo - servono anche monitoraggio, manutenzione e informazione. Già, perché parecchi danni causati dell'uomo sono dovuti alla cattiva fruizione delle dune. O meglio: di quel che ne resta.