A distanza di due mesi esatti dagli arresti dell'inchiesta "Alba Pontina" che ha permesso alla Polizia di smantellare un'organizzazione criminale di stampo mafioso emergente all'interno del clan Di Silvio, ieri mattina gli investigatori della Squadra Mobile che avevano condotto le indagini sono tornati nell'abitazione del capo del sodalizio criminale, vale a dire Armando detto Lallà. I detective diretti dal vice questore Carmine Mosca e dal commissario Elio Beneduce, hanno ispezionato l'immobile all'angolo tra via Coriolano e via Muzio Scevola, ma negli uffici della Questura vige il massimo riserbo sia sul motivo che li ha portati nuovamente a Campo Boario che sull'esito del blitz.
La complessa attività d'indagine integrata dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Renato Pugliese, organico al sodalizio di stampo mafioso fino al giorno del suo arresto nel dicembre del 2016, ha permesso di documentare la proficua attività di spaccio della cocaina, ma anche il controllo che il clan esercitava in determinate zone e la capacità di approvvigionarsi senza pagare le partite di droga. Gli investigatori avevano documentato anche una serie di estorsioni, compiute sia su impulso di coloro che chiedevano l'intervento dei Di Silvio per risolvere una questione, che in maniera del tutto autonoma inventando un copione da recitare per estorcere denaro all'imprenditore come al professionista di turno.
Le indagini hanno permesso di accertare il ruolo centrale dell'abitazione di Armando Di Silvio nel cuore di Campo Boario, quartier generale di un clan, quello dei Di Silvio, che oltre al suo conta un gran numero di nuclei familiari tutti collegati tra loro, non solo dal vincolo di sangue, con un'organizzazione capillare. La casa all'angolo di via Muzio Scevola era al centro di un'intensa attività di spaccio e, quando il sodalizio era all'apice degli affari, serviva anche per nascondere i proventi degli illeciti.
Intanto si attende l'esito del ricorso al Tribunale del Riesame presentato dagli avvocati degli indagati che, due settimane fa, sono stati raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare. Nel primo mandato di arresto infatti c'era un vizio sostanziale che i giudici della Libertà hanno ritenuto sostanziale per l'annullamento del provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari di Roma competente per la richiesta formulata dalla Direzione distrettuale antimafia. La reazione dell'autorità giudiziaria e le notifiche della Squadra Mobile erano state tanto veloci, in seconda battuta, da impedire che gli indagati, dopo l'annullamento della prima ordinanza, potessero essere scarcerati.