Erano in due: uno, quello alla guida, è fuggito non appena la vettura si è fermata, l'altro ha fatto perdere le proprie tracce poco dopo.
Sono stati identificati già lunedì i due amici di Hady Zaitouni, il 43enne morto sull'asfalto della via Nettunense in circostanze ancora tutte da chiarire. Si tratta di due cittadini italiani residenti a Torvajanica, da cui peraltro proveniva la vittima, che avrebbero precedenti specifici sulle spalle. Saranno loro, uno sembra essere stato già rintracciato l'altro risulterebbe - al momento - ancora irreperibile, a fornire ulteriori elementi che si spera possano aiutare i militari dell'Arma a fare luce su quanto successo nella notte tra sabato e domenica. Saranno infatti in queste ore ascoltati come persone informate sui fatti e non in qualità di indagati non essendo accusati di alcun reato mentre, i due indagati Massimo Riccio e Giovanni Trupo, saranno ascoltati oggi dal Pm in Procura a Latina.
L'auto era della vittima
Stando a quanto riferiscono fonti vicine al Comando dell'Arma, l'auto su cui la vittima e i due amici viaggiavano era in uso allo stesso 43enne di origini marocchine. Non un vero e proprio possesso, ma sembra solo una "disponibilità". L'uomo al volante dovrà anche spiegare, alla luce di queste circostanze, perché a guidare non fosse proprio Hady Zaitouni. In un primo momento, al vaglio degli inquirenti del Reparto territoriale di Aprilia diretto dal tenente colonnello Riccardo Barbera e dei colleghi del Comando provinciale di Latina, c'era anche la possibilità che la vittima fosse sul sedile passeggero perché già in condizioni fisiche non ottimali. Col passare delle ore però, sembra prendere sempre più piede l'ipotesi che a causare il decesso possano essere state più concause che prevedono l'effetto dell'incidente occorso alla Renault Megane, e il presunto contatto - gli inquirenti non lo definiscono un pestaggio o una colluttazione in termini stretti - tra vittima e inseguitori.
Attesi i risultati dell'autopsia
Hady Zaitouni aveva il naso fratturato, è uno dei pochissimi elementi che emergono dall'esame effettuato sul corpo da parte del medico legale incaricato dalla Procura di Latina. Non sembra ci siano altri evidenti segni o altre lesioni alla testa. La relazione della dottoressa e dei periti dovranno accertare se la lesione sia o meno compatibile con un urto contro il cruscotto al momento dell'impatto con marciapiede e muretto, o se possa essere stato causato da un calcio, un pugno, o anche da un oggetto contundente, magari il calcio di una pistola.
Questa ipotesi sembrerebbe essere avvalorata da alcuni fotogrammi del video di sorveglianza del bar davanti al quale l'auto su cui viaggiava la vittima, ha sbandato. Quando i due inseguitori (Massimo Riccio, autista dell'Atac e Giovanni Trupo, guardia giurata entrambi indagati per omicidio preterintenzionale) raggiungono il terzo occupante della Renault, quello che guidava, le telecamere colgono un oggetto nero nella cintura dei pantaloni del metronotte.
Per i carabinieri è l'arma in dotazione al Trupo che, al momento, non avrebbe confermato né negato, la circostanza di essersi portato dietro la pistola. Quando si è consegnato, qualche ora dopo i fatti e dopo che i militari avevano identificato e rintracciato Riccio, avrebbe consegnato quell'arma che ora è al vaglio della Scientifica, non tanto per accertare se abbia o meno fatto fuoco, ipotesi nemmeno presa in considerazione, quanto per accertare se possa essere stata usata o meno per colpire la vittima.
Anche questo sarà uno dei temi che saranno affrontati questa mattina durante l'interrogatorio in Procura dei due indagati che, accompagnati dagli avvocati Federico Savo e Andrea Indovino (Riccio), e Siviero per Trupo, saranno ascoltati dal sostituto procuratore Miliano, titolare dell'inchiesta.