Confermare la condanna all'ergastolo già inflitta in primo grado dalla Corte d'Assise di Frosinone.

È questo - in estrema sintesi - il contenuto della requisitoria che, nelle scorse ore, il procuratore generale della Corte d'Assise d'Appello di Roma ha pronunciato davanti ai giudici e agli avvocati riuniti per il processo che vede imputati i due uomini ritenuti essere rispettivamente il presunto mandante e il presunto corresponsabile dell'omicidio di Federico Di Meo, avvenuto martedì 24 settembre 2013 sull'Appia, al confine fra Velletri e Cisterna di Latina.

Il processo d'Appello per il delitto, infatti, è ormai giunto alle battute finali e, presto, si saprà se i giudici di Roma decideranno se confermare o meno quanto stabilito dai colleghi di Frosinone.

La svolta nella vicenda, lo ricordiamo, è arrivata grazie alle "confessioni" di un collaboratore di giustizia che ha indicato agli inquirenti il presunto mandante dell'efferato omicidio di via Appia Sud e il presunto corresponsabile, con quest'ultimo che avrebbe fornito indicazioni su abitudini e stili di vita della vittima. Poi, il "pentito" ha confessato di essere stato egli stesso l'autore materiale dell'omicidio.

All'epoca dei fatti, lo ricordiamo, Di Meo stava facendo ritorno a casa del padre quando, davanti al cancello, era atteso da un sicario in moto, col volto coperto da un casco integrale. L'uomo chiese al veliterno la sua identità, facendosi mostrare anche il documento: a quel punto, avuta la certezza che si trattasse proprio del Di Meo, sono arrivati i cinque colpi di pistola alla testa e al torace che lo hanno freddato nel giro di pochi istanti.

In sede di processo d'Appello, il collaboratore di giustizia è stato ascoltato dai giudici e le sue testimonianze sono state acquisite come prove. Nel ricostruire l'accaduto e l'incarico avuto dal mandante pagato con 17mila euro per uccidere Di Meo, il "pentito" ha riferito dell'esistenza di un vero e proprio scontro di potere fra la vittima e il cittadino albanese, caratterizzato da una conflittualità molto forte, tale da aver portato alla pianificazione dell'omicidio.