Con buona pace di tutti quelli che abbiamo visto protestare col pugno alzato per la presenza delle istituzioni in via Lucania a Roma, il luogo dove è morta Desiree non è un cosiddetto centro sociale, non è un posto al quale gli occupanti, non importa di quale area politica, cerchino di dare una veste sociale con attività rivolte al prossimo. No, quello è semplicemente stato il rifugio schifoso di un gruppo di spacciatori senza scrupoli che non ha esitato ad approfittare di una ragazzina vinta dal sollievo illusorio che le regalavano l'eroina e l'abuso di psicofarmaci. Un tossicodipendente che non abbia ancora deciso di provare ad uscire dalla propria condizione è pronto a tutto pur di avere la «roba»; Desiree aveva soltanto 16 anni, non poteva sfuggire a quella regola, e come un'adulta non si è fermata di fronte ad alcun ostacolo, a cominciare dai familiari che cercavano di tenerla distante dall'inferno in cui era precipitata, ed è andata con la fierezza dell'età incontro a una sorte segnata.
Ci vorrà del tempo perché le indagini possano dirci con certezza cosa davvero abbia causato la fine di quella ragazzina, se il cocktail di sostanze assunto poco prima di morire oppure un soffocamento indotto da chi ha abusato di lei e della sua incapacità di difendersi. Ma è davvero importante saperlo adesso?
L'unica certezza che per il momento si può avere, è che se non fosse finita in quel rudere infernale nel quartiere San Lorenzo, oggi Desiree sarebbe ancora qui; malandata, tossicodipendente, ma ancora viva. E a chi dice che sarebbe probabilmente finita in un altro inferno simile, va risposto che quei ghetti non debbono esistere, che le amministrazioni locali debbono intervenire per tempo, e che ha ragione il ministro Salvini a promettere di tornare in via Lucania con le ruspe, per abbattere quel monumento all'incuria e alla barbarie. Lo faccia davvero, non soltanto a San Lorenzo, ma in ogni parte del Paese dove il degrado favorisce la delinquenza e l'abbrutimento.
Ed eviti di cadere nel ridicolo il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio invocando più poteri per il sindaco di Roma Virginia Raggi, perché un sindaco ha già abbastanza poteri per ordinare uno sgombero e una demolizione, o imporre una messa in sicurezza, specie quando può invocare dalla sua motivi di ordine pubblico e pericoli concreti per i cittadini. La Raggi non ha bisogno di più potere, ma di estendere lo sguardo oltre le mura del Campidoglio, e magari di un supplemento di capacità di ascolto. Perché un intero quartiere aveva già cercato di farsi sentire.
Di quelle baracche ignorate dal sindaco si erano impadroniti i tre fermati con l'accusa di essere in qualche modo responsabili della morte di Desiree Mariottini; non sono tossicodipendenti, non hanno condiviso con quella ragazzina i guasti provocati dall'eroina e dall'oppio: loro sono spacciatori e basta, il che li rende doppiamente odiosi, perché sapevano perfettamente quello che facevano cedendo la droga a quella sedicenne smarrita e abusando di lei come degli animali.
Mentre aspettiamo le ruspe promesse dal ministro dell'Interno, ci piacerebbe vedere per una volta una magistratura capace di buttare la chiave della cella dove quei tre, se riconosciuti colpevoli, meritano di invecchiare. E non ci dispiacerebbe vedere abbassare quei pugni sollevati in maniera tanto impropria quanto imbecille, perché una schifezza come quella di via Lucania non si può difendere. Mai, nemmeno in modo indiretto, come è accaduto contestando un ministro. b
Il commento
Desiree, giù quei pugni e spazziamo via quei ruderi da San Lorenzo
Cisterna di Latina - L'editoriale del direttore Alessandro Panigutti sulla tragica morte della 16enne di Cisterna