L'obiettivo degli investigatori è quello di «congelare» e mettere in questo modo al sicuro una prova da portare al dibattimento. La prova che la Procura vuole cristallizzare è rappresentata dalle dichiarazioni dei braccianti agricoli stranieri (almeno 15) coinvolti nell'inchiesta Commodo che ha portato alla scoperta di un giro di caporalato in provincia di Latina. Erano stati ascoltati in fase di indagini preliminari ma adesso la Procura rilancia. Nei giorni scorsi il Procuratore Aggiunto Carlo Lasperanza ha presentato questa richiesta al giudice per le indagini preliminari Mario La Rosa che dovrà sciogliere la riserva. In caso di accoglimento i cittadini stranieri che sono chiamati a testimoniare riferiranno quello di cui sono a conoscenza a partire dalle condotte degli indagati che hanno poi portato il gip Gaetano Negro ad emettere il provvedimento restrittivo. Ma perché la Procura vuole blindare queste dichiarazioni, la prova infatti come si dice in gergo si potrebbe deteriorare. Non è escluso che i braccianti possano subire dei condizionamenti oppure che possano anche andare in India e quindi diventerebbero a tutti gli effetti irreperibili. Non è l'unica richiesta a cui il magistrato dovrà rispondere. C'è anche un'altra richiesta che riguarda in questo caso l'esame sia dei supporti informatici che dei telefoni cellulari degli indagati. I numeri dell'operazione condotta dagli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dal dirigente Carmine Mosca, sono imponenti: oltre cinquanta indagati a piede libero e poi in sei sono sottoposti ad una misura restrittive. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Marino, Vellucci, Paletta, Montini, Improta.
Le accuse avevano retto anche in sede di Tribunale del Riesame a Roma dove alcuni degli indagati avevano presentato ricorso avverso la misura restrittiva.