Descrivendo l'attività criminale di stampo mafioso del clan al quale è stato affiliato, il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo è in grado di descrivere anche la crescita compiuta dalla famiglia di Armando Lallà Di Silvio, spiegando come il boss fosse un personaggio temuto già diversi anni prima che riuscisse a imporsi ai vertici della malavita latinense. Teorema che si basa sulle velleità dei figli di Lallà sin dai primi anni del Duemila, almeno quelli più grandi, vale a dire Giuseppe Pasquale, risparmiato da Alba Pontina perché detenuto dal 2010, oltre a Ferdinando Pupetto e Samuele. È il primo a dimostrare fin da adolescente di avere la stoffa per fare carriera e in fretta. «Pasqualino era anch'egli una persona temuta e rispettata. Ricordo che già nel 2002 gambizzò un ragazzo di nome A.P. - spiega il collaboratore, sbagliando però la datazione dei fatti - Quest'ultimo aveva assunto droga ed era un po' sballato e, mentre si trovava ad un bar, ebbe una discussione con Pasqualino il quale, senza pensarci, andò a prendere la pistola del padre. Raggiunse Amedeo ai "Giardinetti" e gli sparò intorno alle 5 di pomeriggio». In un altro passaggio, sempre a riguardo di Giuseppe Pasquale detto Pasqualino, Agostino spiega: «Il padre ne ha sempre riconosciuto grinta e carisma criminale, anche perché è stato lui il primo dei figli a sparare».