«Avevo paura e ne ho ancora, queste persone hanno una brutta nomea a Latina. Ho dei figli piccoli e se mi fanno qualcosa a chi mi rivolgo». Sono pietre le parole della giovane commerciante che si è rifiutata di vendere casalinghi alle Di Silvio al prezzo che volevano loro, pena le minacce del capofamiglia, Armando.
«Ho vissuto un incubo»
Paura è il vocabolo e la sensazione che attraversano l'udienza di Alba Pontina nella quale vengono sentite le vittime delle estorsioni di Agostino Riccardo e di Samuele Di Silvio ma dove, soprattutto, si staglia l'ombra del capo, Armando Di Silvio, collegato con il Tribunale presieduto da Gian Luca Soana dal carcere in cui è detenuto. Come tutti i processi che vedono imputati i componenti della famiglia rom di Latina l'escussione dei testimoni d'accusa è una faccenda assai delicata, fatta di terrore e «non ricordo». E' stato così anche ieri mattina, quando sono state sentite cinque vittime del clan e in specie della piccola banda spietata guidata da Agostino Riccardo, oggi pentito.