L'omicidio volontario aggravato dalla premeditazione di Luca Palli è costato una condanna - in primo grado - a 30 anni di reclusione ai due assassini Massimiliano Sparacio (ha compiuto 48 anni il 3 luglio) di Aprilia e Vittorio De Luca (34 anni da compiere il 21 novembre prossimo) di Anzio. Una sentenza redatta dal giudice Giuseppe Cario che ha tenuto conto del rito abbreviato scelto dai due imputati e che gli ha permesso di evitare l'ergastolo. L'accusa infatti, prevede come massimo della pena il carcere a vita che, però, il rito alternativo al dibattimento - che di solito garantisce lo sconto di un terzo della pena - cancella in automatico. Adesso gli avvocati della difesa Renato Archidiacono per Sparacio e Angelo Palmieri per De Luca, hanno depositato i ricorsi in Appello, peraltro annunciati già il giorno della lettura del dispositivo della sentenza, avvenuta nel febbraio scorso. Alcuni dei punti alla base del ricorso - spiega l'avvocato Palmieri - saranno sicuramente la richiesta del riconoscimento dell'attenuante della provocazione, dello stato di legittima difesa reale e/o putativa e quelle previste dall'articolo 116, De Luca sostiene di aver accompagnato l'amico a dare una lezione al Palli, non sapendo che avesse una pistola.
L'agguato in mezzo alla strada
Era il tardo pomeriggio del 31 ottobre del 2017 quando in sella ad una moto, Sparacio (l'autore materiale dell'agguato) e De Luca arrivano in via Carroceto, ad Aprilia. Qui si fermano in una traversa e attendono la vittima. Luca Palli era una vecchia conoscenza di Sparacio, mentre De Luca sembra non aver mai avuto rapporti con lui. La fidanzata della vittima - che avrebbe dovuto sposare pochi giorni dopo - qualche anno prima lavorava per Palli. I rapporti si incrinarono dopo il licenziamento della ragazza accusata dallo Sparacio anche di furto. Secondo quando riferito dall'assassino, per mesi, anni, Palli lo avrebbe intimidito, lo avrebbe aggredito in più occasioni. Gli avrebbe reso talmente difficile la vita ad Aprilia che ad un certo punto ha lasciato l'attività - la gestione di un bar in via Inghilterra - per provare a rifarsi una vita ad Anzio. Ma le minacce, le presunte pretese della vittima, non sarebbero terminate. Anzi. A far scattare l'assassino, potrebbe essere stata anche una minaccia diretta alla figlia di appena sei anni. A quel punto Sparacio avrebbe convinto il complice a portarlo in moto ad Aprilia, lui afferma con l'intenzione di dargli una lezione, non di freddarlo.
Quaranta minuti appostati
Giunti ad Aprilia i due assassini hanno atteso Palli davanti al suo bar preferito. Quando è arrivato De Luca è entrato per assicurarsi che fosse lui. Nei video della videosorveglianza lo si vede anche scambiare due parole con la vittima. Poi esce. Qualcuno avverte Palli che fuori Sparacio lo attende. La vittima esce, dall'auto prende una mazza. Attraversa la strada e entra nel vicolo. Sparacio ha in mano una pistola. Ha il cappuccio della tuta tirato sù, ma dopo il primo colpo, quello che fa cadere la vittima a terra, sembra che se lo tolga. Si vuole far riconoscere bene. Ed esplode altri due colpi. Il tutto davanti ad alcuni passanti, compresi due bambini in bicicletta. I due fuggono. Sparacio ritorna quasi subito ad Aprilia. Le telecamere di un ristorante lo riprendono con la famiglia a cena. De Luca, che dovrebbe sbarazzarsi della moto, invece se la tiene, forse spera di guadagnare qualcosa di più degli 800 euro che sembra avesse pattuito con il complice.
Un mese, poi gli arresti
I Carabinieri di Aprilia hanno impiegato poco più di un mese a chiudere il cerchio intorno ai due assassini. Arrestati all'inizio di dicembre avrebbero ammesso col passare delle ore le proprie responsabilità. Da allora sono in carcere e per il Gup Cario devono restarci per i prossimi 30 anni. Ora la Corte di Appello dovrà dire la sua.