L'indagine che ha permesso di smascherare l'ispettore superiore della Polizia Penitenziaria, Franco Zinni, e svelare il potere che i suoi servigi conferivano a una serie di detenuti disposti a pagarlo, è nata quando un recluso ha trovato nella cella 29 grammi di cocaina e ha deciso di rivelare, alla penitenziaria, l'esistenza di una piazza di spaccio gestita all'interno della Casa Circondariale di via Aspromonte dal temuto fondano Massimiliano Del Vecchio con la compiacenza di un agente che lo aiuta a introdurre lo stupefacente nell'istituto di pena.
Monitorando proprio Del Vecchio, con una serie di intercettazioni ambientali, gli investigatori scoprono prima l'attività illecita prestata da Franco Zinni, poi quella dell'assistente capo Gianni Tramentozzi, il primo in cambio di denaro per concedere una serie di privilegi, l'altro di cocaina per portare gli stupefacenti dietro le sbarre. Rapporti di corruzione che consentivano ai detenuti come Del Vecchio di assumere un ruolo di comando nelle gerarchie interne al carcere.
Il potere che il 35enne di Fondi esercita sugli altri detenuti e sullo stesso ispettore superiore, che si lascia manovrare in cambio di somme consistenti, emerge sin dalle prime battute dell'indagine. Basti pensare che, durante una conversazione registrata all'interno dell'ufficio di Zinni, Del Vecchio intercede per accelerare la pratica di un altro giovane detenuto, che aveva chiesto la possibilità di telefonare al padre, ristretto anche lui, ma nell'istituto romano di Rebibbia.