Le polemiche sul piano di contenimento del daino nel Parco nazionale del Circeo ancora non si sono esaurite. Specie sui social network di reazioni ce ne sono state a centinaia, talvolta anche con toni a dir poco sopra le righe. Mentre il Partito Animalista parla della possibilità di ricorrere al Tar - resta da capire tecnicamente rispetto a quale atto, essendo la delibera di approvazione del piano del 23 gennaio 2017 - e chiede le dimissioni del direttivo, sul caso interviene il presidente di FederParchi Giampiero Sammuri, che analizza la gestione, a dir poco complessa, delle specie aliene e/o invasive.
Sammuri ricorda come ci siano specie animali che si sono estinte per l'azione di quelle aliene invasive. L'esempio citato è quello del pipistrello dell'isola di Natale, scomparso a causa dell'immissione - involontaria - del ratto, della formica pazza australiana e del serpente lupo. «Per questo, quando possibile, - si legge nell'intervento pubblicato sul sito di Federparchi - le specie aliene e/o invasive vanno eradicate e, se non è possibile farlo, controllate da un punto di vista numerico». Sammuri fa quindi un ragionamento: se l'uomo avesse potuto eradicare le tre specie immesse, e salvato quindi il pipistrello, avrebbe fatto bene o male? «Sarebbero comunque morti animali: o i pipistrelli a causa delle specie immesse o individui di quest'ultime per mano dell'uomo. Ma se fossero state eradicate le specie aliene si sarebbe salvato il pipistrello, legittimo abitante dell'isola».
L'esperto cita poi alcune sue esperienze relativamente a piani di eradicazione o controllo delle specie aliene. In particolare nelle isole dell'arcipelago toscano. Pure lì non sono mancate reazioni di dissenso, condanna «e anche improperi». «Le reazioni - dice Sammuri - riguardano tutte le specie oggetto di intervento, ma hanno una gradazione decrescente, forse dipendente dal maggiore appeal popolare dell'animale, che potrei declinare così: muflone, fagiano, cinghiale, ratto, zecca». L'ordine è decrescente: tante reazioni per i mufloni, ma per ratti e zecche poco o nulla. Per quanto riguarda l'eradicazione del muflone dall'isola del Giglio e dall'isola d'Elba, gli interventi sono stati approvati dall'Ispra e pure finanziati, in parte dall'Unione Europea nell'ambito del programma Life specifico per la conservazione degli habitat e delle specie. Ovviamente - sottolinea Sammuri - nessuno ha il piacere di uccidere gli animali, ma spesso non ci sono alternative.
Perché non spostare altrove gli esemplari, come si sta dicendo nel caso dei daini? In Toscana, per i mufloni, sono sorti dei problemi: la specie è alloctona (non nativa) in tutta la penisola, per cui non può essere spostata. In Sardegna, invece, gli animali hanno delle particolarità genetiche. Immettere altri esemplari provenienti da altre zone avrebbe «inquinato» tali peculiarità. L'unica strada percorribile, come indicato dall'Ispra, era quella di spostare i capi catturati, previa sterilizzazione, in recinti. Un'associazione animalista che aveva chiesto di trovare soluzioni alternative all'abbattimento si è impegnata a ritirare alcuni capi catturati (5-10) e a trasferirli a proprie spese in un'area recintata. Una percentuale che però è di gran lunga inferiore rispetto ai capi abbattuti e catturati.
E la sterilizzazione? «Tutti noi che ci occupiamo di conservazione della natura - dice Sammuri - guardiamo con grande interesse agli studi che vengono condotti nel campo della sterilizzazione». Tuttavia, ad oggi l'unica efficace, per quanto riguarda gli ungulati (cinghiali, cervi, daini, mufloni), è quella chirurgica: «ovviamente difficile e costosa». Per ottenere dei risultati significativi, inoltre, come emerso nel caso del contenimento dei cinghiali della tenuta presidenziale di Castel Porziano, è necessario intervenire su percentuali ingenti di esemplari (si parlava del 70%, almeno, della popolazione). È praticamente impossibile. «E infatti - conclude Sammuri - la tenuta presidenziale ha continuato a fare controllo numerico del cinghiale nel modo consolidato».