Finisce al Tribunale del Riesame l'inchiesta Scheggia. Hanno presentato ricorso contro il provvedimento cautelare eseguito sette giorni da dalla Squadra Mobile i difensori di Armando Di Silvio detto Lallà, coinvolto nell'operazione dove viene contestata in concorso con i figli Gianluca e Samuele e con l'imprenditore Umberto Pagliaroli e Gina Cetrone, l'estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Gli avvocati Oreste Palmieri e Luca Giudetti che difendono «Lallà», hanno sostenutoche per il proprio assistito non sussistono indizi di colpevolezza riconducibili all'estorsione ai danni di un imprenditore di origine abruzzese. Non estorsione, ma esercizio arbitrario delle proprie ragioni con minacce alle persone ed è un reato - sostiene la difesa nel ricorso - dove non è prevista la custodia cautelare.
Tra gli altri punti che sono stati affrontati anche il nodo focale del metodo mafioso. Anche l'imprenditore Umberto Pagliaroli, assistito dall'avvocato Cesare Gallinelli, ha impugnato il provvedimento e andrà al Riesame. A margine dell'interrogatorio di garanzia dove si era avvalso della facoltà di non rispondere ed era rimasto in silenzio, la difesa ha chiesto una misura cautelare meno afflittiva per il proprio assistito per le condizioni di salute che sono incompatibili con il regime carcerario; per motivare questa richiesta ha allegato anche una serie di documenti.