Sono arrivate fino ad Ardea e a Nettuno le indagini della Guardia di finanza di Catania, coordinate dalla locale Procura della Repubblica, che hanno portato all'arresto di 25 persone indagate, a vario titolo, per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, aggravata dalla finalità di agevolare il clan "Santapaola-Ercolano" e dalla detenzione di armi. Un'operazione, quella delle scorse ore, che ha portato anche a eseguire un sequestro preventivo di una ditta individuale del valore di 200mila euro.
L'indagine è stata denominata "Shoes", in quanto nel codice utilizzato per le compravendite di droga si usavano spesso i nomi di noti brand di scarpe.

L'indagine si è articolata fra gennaio 2017 e novembre 2018 e ha portato a riscontrare come diversi gruppi organizzati catanesi fossero riforniti da formazioni malavitose campane, albanesi, calabresi e laziali. In tale contesto, si è arrivati ai primi sei arresti in flagranza di reato, oltre al seqyestro di più di quattro chili di cocaina, di 52 chili di marijuana e di 25 chili di hashish.

L'origine, invece, è da ritrovarsi nell'operazione "Stop and Go", che un anno fa portò all'arresto di 16 persone. Oggi, invece, i finanzieri hanno tracciato i traffici illeciti di due presunte associazioni armate finalizzate al traffico di stupefacenti, una delle quali operativa anche allo scopo di agevolare Cosa Nostra etnea mediante la destinazione di parte dei proventi illeciti alle famiglie dei detenuti.

Il primo sodalizio, si approvvigionava stabilmente, mediante collaudati sistemi di comunicazione tesi a eludere anche eventuali intercettazioni telefoniche in atto, dalle formazioni criminali presenti a Castellammare di Stabia, ma anche nel Lazio. Nella nostra regione, erano due albanesi che, insieme a un italiano, trasportavano rilevanti quantitativi di marijuana e hashish: a conferma di questo, per due volte i finanzieri hanno sequestrato diverse decine di chili di droga.
Il secondo sodalizio, invece, divideva i proventi dei traffici illeciti non solo tra gli affiliati, ma li destinava anche alle famiglie di alcuni affiliati che si trovavano in carcere.