Cerca

Incontro con l’autrice

«Le mie sette vite tra mare e libertà»

Eleonora Vallone stasera al Little Bar Culture di piazza Europa presenta il suo romanzo autobiografico. Il rapporto con il padre Raf che scoprì il borgo marinaro andando in bicicletta: «Gli ricordava la sua Tropea»

«Le mie sette vite tra mare e libertà»

Quanta sensibilità si nasconde dietro uno sguardo fiero e sensibile? Quanta anima c’è?
Lo sguardo e l’anima sono quelli di Eleonora Vallone, e i due interrogativi introducono l’incontro che la vede protagonista questa sera alle 21:30 a Sperlonga, città a lei tanto cara così come a suo padre Raf che la scoprì per caso nel 1950 durante le riprese di “Non c’è pace tra gli ulivi” sotto la regia di Giuseppe De Santis. Quante storie ascolteremo da Eleonora negli spazi del Little Bar Culture Music Club che, in collaborazione con Il Pavone Libreria di Fondi, ha organizzato l’evento di presentazione del romanzo autobiografico che l’attrice, pittrice, stilista e grande sportiva ha pubblicato per la collana Memo della Castelvecchi: “Quante vite per una? Le mie sette vite”. L’abbiamo avvicinata per una intervista.

Sette vite in una, e chissà quante ancora da vivere...

«Ho avuto una vita molto movimentata. Sette vite in una, perché quasi costretta dal destino a dovere spesso cambiare e quindi a inventarmene di nuove, anche se poi in qualche modo queste vite coincidevano o meglio si allacciavano. Il libro l’ho scritto a Sperlonga, durante il coronavirus. Era un momento talmente allucinante, tutto in bianco e nero. Io poi, essendo single, non vedevo proprio nessuno. La prima parte del romanzo nasce a Roma, quando potevo concedermi solo piccole passeggiate con i cinghiali intorno perché frequentavo percorsi selvaggi, l’altra a Sperlonga quando le misure di prevenzione per la pandemia si erano leggermente allentate. Era inverno, non c’era un’anima ed è stato magico. In un attimo ho rivisto queste mie vite un tempo così colorate e pazzesche, e ho detto voglio fermarle per ringraziare mio padre e mia madre, e forse anche per ringraziare la vita stessa».

Quanto ha influito la sua famiglia nel suo modo di essere? Un ricordo di suo padre Raf, attore tra i più grandi del cinema italiano dopo la guerra...

«Papà è stato fondamentale per tutto. Ricordo la mia infanzia come un momento stupendo, anche se mio padre era rigido sotto alcuni aspetti: c’era la sveglia alle 6 del mattino per una corsa, una passeggiata, un’arrampicata insieme. A casa c’era il trapezio, e si faceva ginnastica in tutti i modi. Non è finita. C’erano le poesie da imparare a memoria, il ripasso della Storia, gli scioglilingua. Nel libro riporto aneddoti molto divertenti su questo, perché oltre alla parte naturale e intellettualistica c’era quella artistica, quindi le visite ai musei del mondo e, cosa terribile per un bambino, il diario dove riportare i quadri visti, quelli che ci avevano più colpito e il perché. A papà devo la formazione mentale rispetto all’arte, alla bellezza e all’armonia. Tutto questo me lo sono portato dietro. L’attaccamento alla natura e al mare credo sia la vera droga della vita. Con papà in verità abbiamo avuto anche degli screzi, lui era molto geloso e non a caso a 17 anni mi sono sposata. Volevo andare via di casa, da un papà che era straordinario ma con me primogenita, stesso segno zodiacale ‘acquario’ e un carattere direi simile, anche molto protettivo. Proteggendomi però mi toglieva l’aria. Io invece volevo capire la vita, mi sentivo un po’ come Alice nel paese delle meraviglie. Dopo sette anni di matrimonio però mi sono separata. E da qui sono ripartita».

E siamo già a quale vita?

«La terza, alla quale seguiranno la quarta e così via, perché mi sono accadute tante cose: un incidente molto grave ad esempio, pensi che sono stata in coma 15 giorni. Però la base di tutte queste vite è sempre stata composta da tre parole essenziali: il mare, la libertà e l’indipendenza. Ho combattuto anche molto in passato, perché avevo due problemi: essere figlia d’arte ed essere piacente come donna. Era un problema perché volevo comunicare me stessa e non essere vista per il mio aspetto fisico. Tra l’altro mi sentivo brutta, e avevo avuto una educazione da maschio. Oggi considero la mia età meravigliosa, liberatoria, e sono felice delle mie rughette e del mio lento invecchiare».

Un fatto anomalo in tempi in cui invecchiare pare sia il verbo più temuto in assoluto.

«Secondo me una donna dopo i 60 anni diventa più affascinante se ha qualcosa in testa. Ha raggiunto un’armonia, una confidenza con la vita, un senso dell’equilibrio che prima non aveva. Tutto ciò piace molto di più, intendo agli uomini intelligenti. Ed è molto più interessante sedurre un uomo intelligente che uno che guarda solo, scusi l’espressione, il sedere o le tette. C’è Cristina dell’Acqua che dice: ‘La forza di una donna non è nella bellezza dei dettagli estetici piuttosto in quella della sua anima libera’, e questo io ho coltivato. Dice anche che la bellezza è una forza e non una forma. Puntare su questo credo sia la cosa più importante per una donna. Tra l’altro, se vogliamo cambiare il senso sociale di ciò che siamo, è proprio da qui che è bene partire e non dalle labbra gonfiate. Le battaglie per le donne e per l’indipendenza sono altre. Io ho rifiutato proposte molto convenienti nella mia vita, e oggi sono qui e so di essere me stessa».

Il mare che in qualche modo la rappresenta, con la sua poesia e la sua forza di trasformarsi, che cosa significa per lei?

«La mia intera vita ha sempre seguito i percorsi dell’acqua, ho creato il metodo acquaGym e per venti anni l’ho insegnato agli istruttori; sono stata per più di dieci anni con un campione di apnea, ho fatto cose molto lontane da una figlia d’arte. Poi ho deciso di creare qualcosa che legasse il cinema, altro elemento che mi appartiene, all’acqua. Nasce così l’Aqua Film Festival che avrei tanto voluto portare a Sperlonga come ‘Acqua e Mito sulla costa di Ulisse” (sarebbe bello!) ma sembra che debba aspettare, quindi per ora l’ho portato a Tropea, dove papà è nato, sulla Costa degli Dei».

Quanto Sperlonga è nel suo cuore?

«Qui c’è l’infanzia con mio padre che l’ha scoperta dopo le riprese di ‘Non c’è pace tra gli ulivi’, durante una passeggiata in bicicletta. Assomigliava così tanto alla sua Tropea, nonostante si tratti di due culture completamente diverse. Sperlonga la considero un rifugio importante».

Entriamo nell’intimo. Eleonora donna, madre e nonna. Che ruolo ha questa inquadratura nell’affresco delle sue vite?

«Sono stata una mamma ‘classica’ per un breve periodo, poi ho dovuto girare il mondo per motivi di necessità. Separata da mio marito, con mio padre in America, dovevo trovare le risorse per me e mio figlio. Sicuramente sono stata assente da quel momento, ma ho capito solo dopo quanto la mia assenza avesse rappresentato un peso. Come nonna è presto per dirlo, i bambini sono ancora molto piccoli e stanno più con la madre, ma spero di riuscire a trasmettere loro il rispetto per la natua, l’amore per lo sport e il valore della libertà».

Ha una casa a Sperlonga?

«No, quella casa grande grande purtroppo non c’è più, ma continuo a vivere questa meravigliosa città. Vorrei farlo anche durante l’inverno quando il mare è qualche cosa di stupendo. È la stagione in cui è nato il mio libro, questo ‘strip-tease letterario’ come mi piace definirlo, un lavoro su me stessa realizzato con un po’ di pudore ma che volevo scrivere da tanti anni per raccontare delle cose sui miei genitori e anche su di me. Hanno sempre pensato che fossi una donna aggressiva, invece no, sono empatica e vulnerabile. Ecco, avevo bisogno di confessare tutto ciò, con quella voglia che mi appartiene non di apparire ma di essere».

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione