L'intervista
15.08.2025 - 18:00
Alessandro "Spillo" Altobelli durante l'intervista
Il “Non ci prendono più...”, di pertiniana memoria, riecheggia ancora nell’aria. Una notte nella quale lo scriba attraversò via Nascosa con le immagini del “Bernabeu italico” ancora impresse nella mente non sapendo, non immaginando nemmeno lontanamente, che in un’assolata mattinata di agosto, 43 anni dopo quell’Adidas Tango spedito alle spalle di Harald Schumacher, noto anche come Toni, qualcuno di molto importante lo avrebbe atteso, con l’occhio di falco del “Silvino” bracconiere di obiettivi qualificati, in Piazza Garibaldi a Sonnino: Alessandro “Spillo” Altobelli in carne ed ossa, figlio calcistico di un paese, bello da morire, proprio perché rimasto tale.
Sandro, grazie dell’ospitalità (per dirla proprio tutta, senza i buoni uffici di Maurizia De Angelis, Pro Loco di Sonnino, tutto questo non sarebbe stato possibile, ndr). Cosa rappresenta per te Sonnino, la tua terra?
"Un grazie infinito va a voi, che dopo tanti anni vi ricordate ancora di questo vecchietto che, forse qualcosa di bello nel calcio l’ha fatto, e che è rimasto legato a questo meraviglioso paese. Perché sono nato qui, e qui ho mia madre, i miei amici, i parenti. Ho tutto quello di cui ho bisogno".
Tornare nella tua terra, insomma, è sempre un piacere infinito.
"Il richiamo si fa sentire, eccome. Vengo puntualmente. Questa volta ne ho approfittato perché, dopo 25 anni, c’era la festa della Madonna Santissima delle Grazie, il momento più importante a Sonnino. Ricordo quando nell’82 vincemmo il mondiale e una volta tornati a Roma con il presidente Pertini, che poi ci ricevette al Quirinale, arrivai a Sonnino nel pieno di questa festa: un’apoteosi, un momento che resterà scolpito per sempre nella mia mente. Sonnino è il mio paese, la mia vita. Ed oggi è amministrato da persone intelligenti, capaci, che non stanno lasciando nulla al caso".
Domenica 11 luglio 1982, Madrid, stadio “Santiago Bernabeu”, minuto 36 della ripresa. A seguito di un contropiede orchestrato da Bruno Conti, la palla finisce tra i tuoi piedi: preciso diagonale e palla alle spalle di Schumacher. Il presidente Pertini, in tribuna accanto a Re Juan Carlos e signora, si alzò e, gestiscolando in maniera eloquente, esclamò: «Non ci prendono più».
«Il labiale del presidente Pertini, un pensiero ricorrente nella mente: come potrei mai dimenticarlo».
E le ore successive?
"Ricordo soltanto che il giorno seguente stavano per lasciarmi a terra. L’aereo presidenziale che ci riportò a casa con il presidente Pertini aspettava soltanto me per decollare. La sera prima, con i miei amici, facemmo l’alba".
L’arrivo a Roma, la cerimonia al Quirinale e poi di corsa a Sonnino.
"Venni investito, è proprio il caso di dirlo, da un bagno di folla (i genitori di “Spillo”, Antonio e Giovanna, abitano poco sopra piazza Garibaldi, ndr) e trascinato di peso in piazza: erano venuti a prendermi per festeggiare la Madonna e il mondiale".
Un motivo ci sarà, quindi, se Sonnino è sempre al primo posto.
"C’è mia madre 90enne che vuole fare tutto da sola, c’è Maurizia (De Angelis, ndr) che fa tutto per me, ci sono gli amici, c’è la mia vita. Non potrebbe essere altrimenti".
Tua mamma Giovanna, un fiume in piena. Grinta e carattere da vendere.
"Terribile, nel senso buono della parola. Ha 90anni, non vuole accanto nessuno, vuole fare tutto da sola e, grazie a Dio, riesce a gestirsi nella maniera migliore anche perché, lo confesso, è più lucida di me".
Tutti ricordano quel gol nella finale del mondiale contro la Germania, ma i tuoi numeri in fatto di reti sono altrettanto importanti: 132 reti in A, 40 tra B e C, 56 in Coppa Italia (tuttora è record, ndr), 39 nelle coppe Europee, 25 in Nazionale maggiore e 6 nella Nazionale giovanile.
"Veramente i gol in Nazionale sono 29 e sono secondo nella speciale classifica di tutti i tempi dietro soltanto a Riva. Ne segnai tre in un’amichevole, con tanto di arbitro, ma non ufficiale. Io, però, quei gol li misi a segno, sono i miei e, dunque, con la Nazionale maggiore ne ho segnati 29".
Tutto ebbe inizio con la Spes Sonnino e con un pulmino, in piazza, da prendere al volo senza farti notare da papà Giuseppe che invece voleva che continuassi a lavorare alla macelleria “Merluzzi”.
"Gaspare Ventre aveva messo insieme questa squadra (Spes sta per “Speranza”, ndr) ma, credetemi, non ero il più forte: facevo gol e, soprattutto mi divertivo. Avevo finito la terza media, ma di continuare a studiare non ne volevo sapere. Il mio sogno era giocare al calcio".
Poi, nella tua vita, arrivò Nando Leonardi che, però, il Latina aveva mandato a Sonnino non per te, ma per Giovanni Bernardini.
"Lui era una prima punta, io una seconda e, forse, giocava anche meglio di me. Io avevo “fame” di arrivare. Nando arrivò con una 127 e ci caricò entrambi".
Nando ha più volte ricordato che dovette anche intrufolarsi nella cella frigorifera della macelleria “Merluzzi”. E che soltanto dopo uno dei tanti tornanti nel tragitto di ritorno a Sonnino, dopo aver fermato la macchina, vi convinse con due bigliettoni da 50mila lire.
"E’ la verità. In macelleria guadagnavo 500 lire a settimana, e non ci pensai nemmeno un attimo a firmare quel foglio di carta sul cofano della 127 di Nando Leonardi. E’ stata la mia fortuna, anche perché quando sono arrivato a Latina ho trovato un allenatore molto bravo e preparato: Gigi Sitzia, che con i ragazzi ci sapeva fare".
Il passaggio in prima squadra fu immediato. Stagione ‘73-74: 28 presenze e 7 gol.
"Molto più che un semplice trampolino di lancio. Ripeto, una grande fortuna per me».
Chi ricordi di quella squadra?
«Un po’ tutti, Morano in primis. Stavo sempre con lui, ricordo che mi comprava gli scarpini per giocare. Poi Panzanato, Tampucci, Martinez, Ascagni, Vacca, con il quale mi sento spesso, e Cavazzoni. Persone meravigliose. Con molti di loro, in particolare con Franco (Morano, ndr), ci troviamo spesso a Sonnino per delle rimpatriate".
A proposito del professor Morano: lui afferma, e lo ha detto spesso e volentieri anche a te, che il giocatore più forte con il quale ha giocato non sei tu ma il compianto Truant.
"Franco me lo ripete ogni volta che ci vediamo. Non ho conosciuto Truant, so che è venuto a mancare qualche anno fa. Mi hanno raccontato che era veramente forte".
Quei viaggi in pullman da Sonnino a Latina erano uno strazio. Non tanto per il viaggio in sé per sé, quanto per il tragitto dalle vecchie autolinee allo stadio. Tutta colpa di...
"Una trattoria. Ero magrissimo, la fame, spesso e volentieri, si faceva sentire. Passavo lì davanti e vedevo di tutto. Mi facevo rapire dai profumi, dagli odori, ma ogni volta riuscivo a resistere e tiravo diritto fino allo stadio".
Da Latina a Brescia, ma prima...
"Andai a Cesena a provare. Ricordo che feci una bella partita. C’era Bersellini in panchina. Segnai. Tornai a Latina e dopo 15-20 giorni mi dissero che dovevo andare a Brescia".
Per la felicità di papà Antonio: vogliamo raccontarlo?
"Tornai a casa, dicendo ai miei genitori che mi aveva preso il Brescia. Mio padre sgranò gli occhi: “Scherzi, c’è appena stato un attentato (Piazza della Loggia, ndr). Hanno messo le bombe”. Ed io gli risposi: “Tranquillo, le bombe le metto io, in rete però”".
Tre campionati con le “rondinelle” conditi dai 26 gol. Poi arriva l’inter, stacca un assegno al Brescia di 630 milioni (più le comproprietà del portiere Martina e dei difensori Guida e Magnocavallo oltre alla cessione a titolo definitivo dell’attaccante Mutti, ndr) e ti porta a Milano.
"Mi accompagnò a firmare il contratto una persona senza la quale, credetemi, oggi non sarei nessuno: Sergio Saleri (figlio di Italo Saleri, che nel 1942 fondò un’azienda di produzione di componenti per motocicli, boccole di bronzo, morsetti e batterie. E’ stato presidente del Brescia dal 1976 al 1981, ndr). Non muovevo un passo senza di lui ed è stata una fortuna. C’erano Mazzola e Beltrami, ma soprattutto lui: Sergio. Ha sempre controllato tutto, ma non solo nel calcio, anche nella vita privata. Qualsiasi cosa dovevo fare chiedevo un parere a lui. Dovevo comprare una casa, o qualcosa di importante? C’era lui a consigliarmi. Lui e il figlio, che purtroppo è venuto a mancare, sono state persone di fondamentale importanza nella mia crescita. Con loro accanto non ho mai sbagliato".
Con 209 gol sei soltanto dietro a Giuseppe Meazza, al quale è intitolato lo stadio di San Siro, nella storia dei marcatori dell’Inter. Il tutto condito da 466 presenze in maglia nerazzurra.
"Una vita, la mia vita. Meravigliosa, stupenda, unica. Sono fiero di far parte della storia di questo club».
Uno scudetto, stagione ‘79-‘80 e due Coppe Italia, ‘77-‘78 e ‘81-‘82. Mai la classifica dei cannonieri a fine campionato.
«Ho segnato tantissimi gol, è vero, ma sulla mia strada ho sempre trovato giocatori che segnavano più di me, fuoriclasse veri come Maradona, Platini, Zico".
Il più forte?
"Maradona, per distacco".
E il tuo compagno di squadra più forte?
"Ne ho avuti tanti, ma il mio grandissimo amico, Evaristo Beccalossi, era di un’altra categoria. Giocatore formidabile".
Un peccato che calciatori di classe come lui e Vincenzo D’Amico, tanto per citare un altro immenso giocatore della nostra terra, non abbiano mai vestito la maglia della Nazionale.
"Bearzot aveva in mente un gruppo di giocatori e quelli convocava. Beccalossi avrebbe meritato il mondiale in Spagna, ma c’era Antognoni, che per il cittì era intoccabile".
Alessandro Altobelli, Vincenzo D’Amico e Andrea Carnevale: il nostro prezioso “triangolo”.
"Mamma mia, Vincenzo era incredibile. Di lui ho il ricordo indelebile di una tournée in Australia con la nazionale militare: che giocatore ragazzi. Andrea ha giocato al fianco dei più grandi: Zico prima e Maradona poi, e non lo fai se non hai le qualità".
Con Boninsegna dividi il primato di essere finito dall’Inter alla Juventus.
"Strappai un contratto di un 1 miliardo e 400 milioni (estate del 1988, ndr) che ancora mi legava all’Inter (divergenze con Trapattoni, ndr) e andai in vacanza con mia moglie sul lago di Garda. Poi mi chiamò Mazzola: “Sandro, dove sei, vieni in sede”. Andai a Milano e mi dissero che mi avevano ceduto alla Juventus".
Torniamo, per concludere, alla tua Sonnino: siamo pronti per i festeggiamenti del tuo 70esimo compleanno?
"Sarà una grandissima festa. Questa è la mia terra, qui c’è la mia vita, qui mi godrò ogni istante di una festa che, già ve lo preannuncio, sarà meravigliosa".
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