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Il caso

Tralicci e case, ad Aprilia divieti solo su carta

L’eredità di decenni di interventi fuorilegge: ville e capannoni nelle fasce di rispetto, ma le norme impongono l’inedificabilità assoluta

Tralicci e case, ad Aprilia divieti solo su carta

Chilometri di elettrodotti ad alta tensione attraversano campagne e quartieri. Succede un po’ ovunque, ma ad Aprilia, ai piedi di quei tralicci, dove la legge vieta qualunque costruzione stabile, si trovano invece con una certa facilità, abitazioni, capannoni, serre e persino attività commerciali.


Una presenza che, in molti casi, non avrebbe mai dovuto esserci: in grande maggioranza frutto di edilizia abusiva, in parte di permessi rilasciati nonostante vincoli e divieti precisi.
Le norme parlano chiaro. La Legge quadro 36 del 2001 e il D.M. del 29 maggio 2008 fissano le cosiddette “fasce di rispetto” dagli elettrodotti, calcolate con la Distanza di Prima Approssimazione (DPA). In queste aree è vietata la realizzazione di case, scuole, strutture sanitarie o qualunque edificio destinato a ospitare persone in modo prolungato.


Il doppio obiettivo è prevenire incidenti e limitare l’esposizione ai campi elettromagnetici, che la comunità scientifica ha più volte associato a rischi per la salute, incluse gravi patologie oncologiche. Si tratta di un vincolo di inedificabilità assoluta: le opere costruite in violazione non possono essere sanate e devono essere demolite. Lo ha ribadito più volte anche il Consiglio di Stato, l’organo di appello della giustizia amministrativa a cui i proprietari di immobili si devono rivolgere per contestare ordinanze di abbattimento.


Eppure, ad Aprilia, quelle stesse costruzioni restano al loro posto da anni. Perché? La legge prevede che i Comuni vigilino e intervengano in caso di abusi (art. 27 del Testo unico edilizia), disponendo la sospensione dei lavori, la rimessa in pristino e, se necessario, la demolizione in danno. Ma su questo fronte, l’inerzia è stata la regola. Negli anni non risultano piani organici di demolizione né mappature pubbliche delle aree soggette a vincolo. Il mancato intervento può avere anche rilievo penale: dall’abuso d’ufficio, se l’omissione avvantaggia privati, al rifiuto di atti d’ufficio, fino all’omissione di cautele contro infortuni quando è in gioco la salute pubblica.


Il paradosso è evidente: per un imprenditore in regola, un errore formale in una pratica può far scattare sanzioni e sospensioni in tempi rapidi; per gli abusi sotto i tralicci, invece, nessuna urgenza. Questi manufatti, cresciuti nel tempo fino a diventare parte del paesaggio, sono rimasti intoccati, segno di una politica che ha preferito non vedere.

Restano senza risposta alcune domande: quante abitazioni sorgono oggi nelle fasce vietate? Chi ha autorizzato interventi in contrasto con la normativa? Perché non si procede alla rimozione? E quanto pesa, in queste scelte, la tutela della salute di chi vive a pochi metri da cavi che trasportano energia a decine di migliaia di volt? Giustizia significherebbe applicare le stesse regole a tutti, prudenza imporrebbe di eliminare i rischi noti. Ad Aprilia, per troppo tempo, è accaduto il contrario: controlli puntuali per chi opera in regola, occhi chiusi sugli abusi sotto i tralicci. Un doppio standard che non solo mette in pericolo la sicurezza, ma mina la credibilità stessa delle istituzioni.

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