Tra i primi a esprimere cordoglio, l'ex sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi, che di don Renato era nipote. Di Giorgi ha scritto una lettera per ricordarlo: 

"Ricordare Zio Renato è come ripercorrere la storia della nostra città. Lo faccio con la commozione di queste ore in cui il dolore e l’amarezza per la scomparsa di una persona così cara devono lasciare anche spazio alla riflessione e alla riconoscenza. Perché così merita di essere ricordato colui che è stato e per sempre resterà l’anima buona ma severa di Latina, solidale e rigoroso, incline all’aiuto verso tutti e pronto a lasciarci preziose lezioni di vita. Don Renato è stato prete e amico, maestro e fratello, uomo di chiesa e di strada, diplomatico e  rivoluzionario, il più vecchio e il più giovane di tutti con la sua impronta innovativa e lo spirito autenticamente riformista della sua missione pastorale. Da quando la mano divina lo aveva sottratto alle macerie della chiesa di San Rocco, crollata sotto le bombe degli alleati nella “sua” Sezze, Don Renato era come fosse diventato “immortale”. Quella immensa paura delle fine che appartiene solo ai terreni lo aveva reso immune, amava dire, a ogni altro timore e pronto a servire gli umani con quella instancabile ed infinita energia che sempre ci sorprendeva. Insomma, se il Signore aveva voluto regalargli quasi una seconda vita doveva davvero essere per qualcosa di importante e di grande. E grande era la necessità di dare alla città nuova, cresciuta in maniera imponente e disordinata, una linea etica, indicare un percorso spirituale, la base su cui costruire carità e speranza, una spalla su cui piangere i dolori terreni e ricevere conforto e consolazione. E così, mattone su  mattone, è come se l’avesse costruita lui quella chiesa di Santa Maria Goretti, che è rimasta fino a ieri la sua vera casa e da domani il santuario in cui raccomandare a lui le nostre anime. Attorno a quei mattoni rossi è cresciuta la città, ed entrare nella Chiesa di Santa Maria Goretti è stato sempre come entrare a casa di Don Renato, con il piacere e il rispetto e la pace che solo gli amici veri sanno infondere. Deve essere stato così anche quel radioso giorno di settembre di 24 anni fa per Giovanni Paolo II, in visita alla “casa” di un parroco e di una Santa accomunati dall’amore per questa terra che ha segnato ogni momento della vita di un uomo cui i nostri cittadini, ieri come oggi, devono molto. Alla dolcezza con cui era entrato in punta di piedi a guidare la vita spirituale della città faceva riscontro la prorompente carica, diligente e sferzante, con cui Don Renato ci ha sempre regalato il privilegio di poter ascoltare l’autorevolezza di una voce amica. Era bello sapere che lui c’era: lo era per me e per decine di migliaia di latinensi e di sacerdoti, di uomini di chiesa, dei nostri nuovi vescovi pronti a raccoglierne consigli e intuizioni di pescatore di anime. La grande testimonianza di affetto e di riconoscenza in queste ore immediatamente successive alla sua scomparsa, sono l’evidenza di come Zio Renato sia ricordato soprattutto come l’uomo pronto ad essere sempre sostegno e speranza della nostra comunità. Io ne approfittavo, e mi piaceva incontrarlo per ritrovare pace ed equilibrio interiore. Per gli 82 anni della città avevo avuto l’onore di dargli un piccolo riconoscimento, un gesto di affetto quasi per ripagarne i tanti che lui mi aveva spontaneamente donato con il suo disarmante sorriso e per i quali i miei grazie non basteranno mai: un atto anche dovuto, da sindaco a parroco, affinché nessuno potesse dimenticare che è grazie a questi uomini che una comunità cresce con i valori di civiltà e di amore, che ognuno di noi ha il dovere di tutelare questo patrimonio e farne preziosa testimonianza di vita. Non ce n’era forse bisogno, il suo posto fra le anime buone che ci sono da esempio Don Renato lo aveva già da tempo guadagnato. Ciao Zio Renato".