Il Tribunale di Latina ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Escono tutti di scena dalle accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, tra cui anche il commercialista pontino Claudio Proietti difeso dall’avvocato Gianni Lauretti e altri 60 imputati coinvolti nell’indagine coordinata dall’allora pubblica ministero dell’epoca Vincenzo Saveriano e dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Latina.
In un primo momento i beni del professionista erano finiti sotto sequestro ma i giudici della Corte di Cassazione avevano rimescolato le carte disponendo il dissequestro e sostenendo nelle motivazioni del provvedimento che non si trattava di una truffa ma di reati di natura fiscali come aveva sottolineato la difesa. L’inchiesta era quella che riguardava le cosidette «compensazioni orizzontali» e in un secondo momento dopo la fase di indagini preliminari con il sequestro del patrimonio giudici della Suprema Corte avevano messo un punto fermo nell’inchiesta.
Il processo dopo il rinvio a giudizio è iniziato in Tribunale a Latina ma non è mai entrato definitivamente nel vivo e ha dovuto fare i conti con dei cambi continui del collegio e una serie di rinvii che hanno portato poi alla prescrizione, nonostante siano stati ascoltati anche diversi testimoni, tra cui alcuni investigatori della polizia giudiziaria che avevano diretto le indagini. Alla fine nei giorni scorsi i giudici Nicola Iansiti, Laura Morselli e Rosamunda Zampi, hanno emesso nell’ultima udienza la sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, proprio come aveva sostenuto in aula anche il pubblico ministero Claudio De Lazzaro.
Era stato il Tribunale di Latina a disporre un sequestro preventivo per dei fatti avvenuti fino al gennaio del 2007 e sotto chiave era finito il patrimonio riconducibile al professionista per un importo di oltre venti milioni di euro e quei beni tra cui anche alcune società nel Nord Italia, secondo quanto ipotizzato erano relativi alle condotte illecite degli imputati. Oltre che nel capoluogo pontino l’operazione della Guardia di Finanza aveva interessato anche Cisterna, Sabaudia, Frosinone e Vicenza ma una parte della prospettazione del magistrato inquirente era poi svanita davanti ai giudici della Suprema Corte.
Il sistema delle compensazioni orizzontali aveva sostenuto la Procura poggiava le basi invece su una società cartiera che emetteva fatture per operazioni inesistenti.
In 62 erano stati indagati a piede libero dalla Procura, per tutti, a distanza di oltre dieci anni dai fatti contestati e a 8 dal sequestro è stata messa definitivamente la parola fine.