Il Lazio al primo posto in Italia per numero di giornalisti minacciati, dato sorprendente ma non troppo se si considera il lavoro di racconto della penetrazione della criminalità nel tessuto economico e sociale regionale. Però è un dato inconfutabile contenuto nel primo rapporto sull’agibililità dell’informazione in Italia e la libertà di stampa redatto dopo cento audizioni in Commissioni Antimafia e pubblicato, grazie all’impegno di Ossigeno per l’Informazione, lo scorso mese di agosto.

Ieri mattina l’Associazione Stampa Romana ne ha fatto l’oggetto di una conferenza stampa che si è tenuta in Regione e alla quale hanno partecipato anche il Presidente Nicola Zingaretti, insieme al Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza Gianpiero Cioffredi. I lavori sono stati introdotti dal segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo che ha ricordato come i giornalisti minacciati nel Lazio sono stati 163 nel 2015, di cui 96 finiti nel recente esposto della camera penale di Roma.

In Italia ogni due giorni vengono minacciati tre giornalisti e anche questo relega il Paese al 73mo posto nel mondo per libertà di stampa. Tanti e diversi i casi di intimidazioni: fisiche, morali, tecniche tramite azioni legali temerarie e quasi tutte legate ad articoli aventi per oggetti fatti di mafia. Durante l’incontro di ieri sono state molte le testimonianze di giornalisti minacciati perché hanno semplicemente fatto bene il loro mestiere: raccontare. Tra gli altri l’intervento di Vittorio Buongiorno, capo redattore della redazione di Latina de Il Messaggero minacciato da Gianluca Tuma, uno dei principali indagati dell’inchiesta «Don’t touch».

Ma dal dibattito sono emerse anche proposte per la creazione di un fondo per le querele temerarie, nonché una modifica legislativa che renda perseguibile penalmente chi viola l’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di espressione e di stampa. Tra i contributi al dibattito quello di Paolo Butturini, già segretario di Stampa Romana e oggi alla Segreteria della Fnsi, di Alberto Spampinato di Ossigeno, di Claudio Fava, giornalista e deputato, membro della Commissione Antimafia per cui ha seguito le audizioni poi riunite nel dossier sui giornalisti minacciati, di Gabriella Stramaccioni di Libera. 

Tutti hanno sottolineato l’importanza di una «rete» che non lasci soli i cronisti che scrivono su vicende di mafia e corruzione. La data di ieri non è stata scelta a casa: oggi infatti inizia il processo Mafia Capitale, le cui storie raccontate dai giornalisti di Roma e del Lazio sono «costate» molte delle intimidazioni che hanno portato a questo triste, assurdo, record.