Sta dentro un pacchetto trasparente la rinascita del Pastificio Paone, lo stabilimento che produce a Formia un classicissimo del made in Italy e che torna sul mercato con un packaging rivisitato, più molta speranza, tanta voglia di andare avanti e lasciarsi dietro gli ultimi tre anni che ne hanno fatto l'emblema di un'intricata storia molto meridionale. Il vecchio pastificio, quello di piazza Risorgimento, stava per diventare un centro commerciale quando nel 2012 finisce al centro di un'inchiesta su abusi edilizi e d'ufficio che ruotano attorno al Comune di Formia e che conta venti indagati, tra cui l'ex sindaco, l'ex presidente del consiglio, l'ex assessore all'urbanistica e un elenco lungo di dirigenti dell'ente. Comincia in quel momento un iter complesso: il cantiere pressoché ultimato del vecchio pastificio viene sequestrato perché, asserisce la Procura, si tratta di una trasformazione in violazione delle norme urbanistiche; inoltre, in quel momento l'amministratore della società, Stefano Paone, era anche consigliere comunale di maggioranza ed è infatti uno degli indagati. L'accertamento delle responsabilità penali personali va avanti e oggi pende davanti al gup con richiesta di rinvio a giudizio per quello che comunemente viene indicato come Sistema Formia, mentre la misura cautelare sul cantiere alla fine, qualche mese fa, viene annullata in Cassazione. Il rilascio del bene coincide con la rinascita del nuovo pastificio che dal sequestro del vecchio stabilimento aveva subito una batosta finanziaria straordinaria.

Raffaele Ranucci

Però, adesso, a tre anni di distanza da quel sequestro, e mentre gli operai e la dirigenza si preparano al debutto nei supermercati con il nuovo formato, qualche ulteriore tassello alla  Paone story si può aggiungere. Perché nelle more della battaglia legale sul dissequestro del pastificio di piazza Risorgimento sono accadute tante cose: si è scoperto per esempio che il giudice Antonio Lollo, tramando quantomeno con il commercialista Marco Viola, avrebbe voluto pilotare in breve il fallimento della società Pastificio Paone e avrebbe provato a distogliere il fascicolo dalla sua sede naturale (ossia il Tribunale di Cassino) per portarlo a Latina, dove lui era, appunto, il dominus di una vasta rete di corruttela legata ai fallimenti. Questo è venuto fuori praticamente per caso a marzo scorso, spuntato all'improvviso dall'ordinanza di custodia cautelare su Lollo "più altri" e in specie dalla intercettazione della conversazione tra Antonio Lollo e Marco Viola avvenuta a gennaio del 2015, quando cioè il Pastificio Paone era sì in difficoltà economica grave ma non era stata presentata ancora nemmeno un'istanza di fallimento.

Ciò nonostante Antonio Lollo dice al suo uomo di fiducia (Viola): "Paone è meglio di Rizzardi... stai a scherzà...Paone è meglio di Rizzardi". Come fa un giudice che si occupa di procedure concorsuali in essere a parlare di un'azienda formalmente sana, ancora non approdata neppure alle esecuzioni? In verità Antonio Lollo era un assiduo frequentatore della città di Formia, in specie della villa di Raffaele Ranucci, il commercialista di Formia, indagato anch'egli per lo scandalo dei fallimenti, considerato uno della cricchetta di Lollo, quella che decideva le sorti delle procedure e gli incarichi. All'epoca in cui scoppia lo scandalo del Sistema Formia Ranucci era assessore alle attività produttive del Comune di Formia, in quota a Forza Italia. Dunque chi meglio di lui poteva conoscere la situazione delle aziende in generale a Formia, la sua città? Solo una coincidenza, ovviamente. Che si somma alle molte altre di quello che ora si può definire il caso Paone. Né lo stabilimento nuovo che si trova a Penitro, né il vecchio sito al centro della città avevano mai destato interesse in alcuno. Non fino all'autunno del 2011 quando il più chiacchierato dei consiglieri comunali di Formia, Antonio Calvano, (Udc, poi Foprza Italia, poi Gruppo Autonomi) chiede e ottiene l'accesso agli atti del progetto di restyling del pastificio Paone. E subito dopo comincia a preoccuparsi che i lavori possano rappresentare l'ennesimo abuso edilizio a Formia. Come non condivedere questo timore? Un buon ottanta per cento dei problemi di Formia è legato al cemento illegale. Quando Calvano chiede l'accesso agli atti della trasformazione del pastificio in centro commerciale e di servizi integrati è membro della Commissione Urbanistica, la più importante a Formia. Però dagli atti e dalle intercettazioni dell'inchiesta sul Sistema Formia emerge che Calvano probabilmente il fascicolo Paone non lo ha neppure letto, quindi lo ha solo acquisito per passarlo a qualcun altro. Infatti quando nella primavera del 2012, dopo il sequestro, viene chiamato dagli investigatori per essere ascoltato, si reca in Comune, Settore Urbanistica, e chiede al dirigente di allora (Roberto Guratti, anch'egli indagato) di poter fare delle fotocopie per prepararsi. E questa volta non ha bisogno di alcuna richiesta formale di accesso. Non solo: ancora dai dialoghi intercettati nell'inchiesta Sistema Formia risulta che Calvano in un incontro con l'allora assessore all'Urbanistica, Benedetto Assaiante, si dice preoccupato del progetto del Pastificio e fa anche un perfido riferimento al caso Le Fosse chiamando in causa il sindaco in carica Sandro Bartolomeo . Ma quando Calvano pronuncia queste parole Bartolomeo era stato già prosciolto dall'inchiesta Le Fosse. Sempre Calvano è uno che per anni è stato in Consiglio e in Commissione Urbanistica senza mail asciarsi scandalizzare da abusi edilizi di alcun tipo. Improvvisamente alla fine del 2011 si ravvede e mostra preoccupazione per gli abusi urbanistici, in specie per il Pastificio e con l'assessore si lascia andare di nuovo sul caso Le Fosse. Va detto che ancora Antonio Calvano compare già nella primissima informativa del commissariato di Formia proprio sul caso Le Fosse (il maxi insediamento a nord della ex fabbrica D'Agostino) e viene descritto come molto vicino alla famiglia di Ernesto Bardellino nonché legatissimo ad un politico dell'attuale maggioranza. Chi è davvero Antonio Calvano? Un traffichino, un uomo del clan (ma di quale esattamente?), un politico furbo che usa la sua posizione per trarne qualche vantaggio anche minimo? Ancora oggi non si sa per quale ragione né per chi ha chiesto gli atti del Pastificio. E' certo invece che nemmeno due mesi dopo il progetto di restyling è finito sotto la lente della Procura e ha portato al venti indagati nonché alla scoperta di altri illeciti legati ad appalti e raccomandazioni. Ma è stato altresì un autogol perché tragli indagati c'è lo stesso Calvano. E' certo altresì che con quella inchiesta si sono rotti molti equilibri politici a Formia, specie nel centrodestra e che la struttura del vecchio pastificio è rimasta bloccata per quasi tre anni e che questo ha creato eccezionali difficoltà finanziarie alla società fin quasi a portarla vicina al fallimento, ossia quello cui puntava il giudice Antonio Lollo e la sua squadretta di predatori delle procedure concorsuali. Per il momento si può dire che almeno inconsapevolmente Calvano ha quasi fatto il gioco di un giudice corrotto anche se i due non si sono mai conosciuti. Ci potrebbe essere quindi un terzo intermediario che ha sperato, o lavorato, per la chiusura del vecchio pastificio e il fallimento del nuovo. Nessuno pare abbia mai chiesto a Calvano come e perché sia diventato ambientalista e difensore dell'urbanistica corretta soltanto nel 2011, né cosa ci faceva nel primo fascicolo de Le Fosse. Le sue sono tracce di un passato recente e remoto che ogni tanto ritorna, ombre non chiarite neppure oggi che la Paone ritorna con produzione e confezioni rinnovate. Nulla di quello che è accaduto attorno a piazza Risorgimento e al marchio è stato chiarito fino in fondo. Ciò nonostante gli operai sono tornati in fabbrica a produrre la pasta delle feste, sono lì per non pensare a tutti i lati oscuri del loro passato recente e per scrivere una storia italiana diversa di crisi e resurrezione.