Il primo assaggio della vulnerabilità dei Piani particolareggiati approvati tra il 2012 e il 2014 era arrivato dalla variante di Borgo Piave, quella che stando all’inchiesta in corso avrebbe favorito l’ex consigliere comunale Vincenzo Malvaso, titolare di un lotto divenuto destinatario di un carico di volumetria oltre tre volte superiore a quello precedentemente attribuito. Poi era stata la volta del quartiere R-3 Prampolini, un caso esploso per via dell’occupazione di uno spicchio di verde su via Quarto trasformato in area edificabile, e poi «integrato» dalla scoperta della cessione volontaria di aree già espropriate dal Comune. Ce n’era abbastanza per mettere in serio imbarazzo l’amministrazione ancora sotto la guida di Giovanni Di Giorgi, e dopo l’interrogazione del consigliere regionale del Pd Enrico Forte era stato lo stesso primo cittadino a favorire un confronto tra tecnici comunali e regionali. Il risultato era stato imbarazzante, perché in Regione erano stati chiarissimi: ci sono diverse criticità in molti dei Ppe adottati -avevano fatto mettere a verbale i rappresentanti della Pisana- e sotto il profilo della legittimità formale non vi è dubbio che non poteva essere la Giunta ad approvare quegli strumenti urbanistici apertamente in variante al Prg. Un parere peraltro raccolto e verbalizzato anche dal magistrato che indagava sul caso di Borgo Piave, il pm Capasso.
Ma c’è dell’altro che viene fuori adesso leggendo le delibere di sospensione di Barbato: alcune varianti sono state approvate dalla Giunta, altre con una determina dirigenziale di presa d’atto delle controdeduzioni; in altre non c’è traccia di osservazioni e controdeduzioni.

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