Le intercettazioni sembrano un film dell’orrore ma in realtà è tutto vero. Per la scuola che a Latina conoscono tutti con il nome di Piazza Dante è un colpo basso, forte, immeritato per il blasone di un istituto che è custode anche di uno degli archivi storici della città e perché in quella scuola sono cresciute decine e decine di generazioni. Dalla metà di gennaio del 2015, per oltre un anno, gli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dal vicequestore aggiunto Antonio Galante, hanno trascritto quello che a leggere le carte sembra un inferno che ha i colori della mattina, lontano da mamma e papà, in un’aula, tra i banchi e i giochi, i colori e qualche quaderno. Urla, voce alta, imprecazioni, maleducazione e tanta tensione che è sfociata in atteggiamenti violenti al cospetto di bambini dai tre ai cinque anni. «La personalità delle indagate e le modalità di evidente allarme sociale impongono l’adozione di una misura», ha scritto il gip Pierpaolo Bortone quando ha tirato le somme alla richiesta di applicazione di una misura del pubblico ministero Simona Gentile. Sono gli agenti della Questura che prendono a sommarie informazioni un genitore che porta il figlio di tre anni a piazza Dante. «Il comportamento di una maestra è alterato e violento, mio figlio mi ha detto che è stato afferrato e strattonato per il braccio e da quando è successo ha iniziato a fare la pipì a letto, penso che le cose siano collegate e adesso è diventato strano». Racconta un papà alla polizia.
L’altra testimonianza invece parla di una maestra bionda che urla sempre, di sculacciate e minacce perché i bambini non sono seduti sul banco e non sono obbedienti. Una delle due insegnanti tende a minimizzare quando in occasione di una assemblea, proprio ad una delle due indagate, viene rimproverata la sua condotta. «Se non avete fiducia in noi trasferiteli», è la risposta anche seccata. In un anno di intercettazioni gli inquirenti raccolgono diversi elementi e quello che esce fuori lascia senza parole. Un bambino di tre anni fa la linguaccia e giù un insulto. «Sta faccia da scemo, maleducato non ti voglio vedere più e sei puzzolente». E poi. «Sei uno zozzo lurido che mi fai schifo». Ma gli insulti e le umiliazioni vanno avanti. I bambini subiscono, incassano, ma qualcosa a casa dicono: dal rossore su una guancia allo sfogo per quello che avviene la mattina. Sono le telecamere della polizia a fare la differenza. Una delle due insegnanti rincara la dose sempre con lo stesso bambino. «Sei uno zozzo, che principe fetenzia», dice davanti anche agli altri. E poi ad un altro bambino. «Ti faccio passare i tic nervosi». In un altra circostanza invece un rotolo della carta scottex viene usato per colpire sempre lo stesso bimbo in testa che non riesce a trattenere la pipì e in quel caso ecco un altro insulto. Arriva la bidella che si accorge di tutto e la maestra insulta il piccino. «Stupido, balordo, hai fatto la pipì per terra». Secondo il giudice le condotte sono molto aggressive e minacciose, compresa l’ultima. «Questo bambino è proprio un criminale, farà una brutta fine - dice una delle due maestre - muore giovane».