Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i tre indagati arrestati nei giorni scorsi dagli agenti della Squadra Mobile di Latina e accusati di aver combinato falsi matrimoni per favorire l’immigrazione clandestina. L’atteggiamento di fronte al magistrato da parte di Alshaik Moustafà Ebrhaim e poi di Abdeslam Omarelshikh Aly Moamed e di Amamou Bouazza, era anche prevedibile da certi punti di vista, sulla scorta anche di quello che contestava il pm Daria Monsurrò nella richiesta cautelare. Nei prossimi giorni saranno ascoltati tutti gli altri e poi a partire da mercoledì gli indagati che hanno il braccialetto elettronico e che si trovano agli arresti domiciliari. Proprio Amamou Bouazza nelle carte dell’inchiesta viene ritenuto il procacciatore dei clienti, come emerge anche in una intercettazione telefonica tra Fatima Lamlih anche lei marocchina che si fa avanti per un matrimonio nel suo paese d’origine.
In questo frangente è proprio Bouazza a dire alla donna al telefono che conosce un uomo disposto a pagare 8mila euro per avere poi l’ingresso in Italia. Al telefono i due indagati parlano anche del viaggio, delle offerte in aereo e dei tempi che ci vogliono per aprire e chiudere la pratica. Sempre in un’altra intercettazione che risale al 29 marzo del 2015, Fatima parla con un connazionale per organizzare nei minimi dettagli l’incontro per il falso matrimonio e successivamente chiama un suo conoscente in Marocco a cui chiede aiuto per sbrigare le pratiche del matrimonio in modo veloce ammettendo che la persona che deve sposare non la conosce e che pagherà la cifra per corrompere un notaio in Marocco. In questa telefonata l’interlocutore della donna le prospetta il rischio di essere arrestata. Una conversazione è fin troppo eloquente. «Perché io voglio fare matrimonio d’affari così guadagno soldi»

L'articolo completo in edicola con Latina Oggi (30 aprile 2016)