Con un po’ di sconto per il principale imputato, le tre condanne per l’omicidio dell’apriliano Salvatore Polcino, ucciso con 4 colpi di pistola all’addome e alla testa esplosi a distanza ravvicinata, il 26 gennaio 2012, sono definitive. La Corte di Cassazione ha annullato l’aggravante della premeditazione per Giuseppe Ranieri, 35 anni, originario di Reggio Calabria e residente a Lanuvio, che in appello aveva ottenuto la riforma della sentenza di condanna all’ergastolo con 30 anni di reclusione e a cui ora la Corte d’Assise d’Appello di Roma dovrà fare un ulteriore sconto. Sempre la Suprema Corte ha poi rigettato i ricorsi e confermato dunque le condanne per Nicolò Montagner, 25 anni, di Ardea, a cui è stata inflitta la pena di 18 anni di reclusione, e per Pasqualino Gabriele Baglione, 52 anni, originario di Catania e residente a Lanuvio, a cui è stata data la pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione, essendo stato ritenuto in secondo grado estraneo all’assassinio dell’agricoltore pontino.

Polcino, 52 anni, aveva conosciuto in carcere Ranieri e ottenuto da quest’ultimo un prestito di seimila euro. Non riuscendo a restituire tale somma, l’apriliano avrebbe quindi dato al calabrese in locazione un casolare a Lanuvio. Tra i due, proprio su quella casa, sarebbero però ben presto insorti dei dissapori, finiti nel sangue. Il cadavere semicarbonizzato del pontino venne trovato quattro anni fa dal proprietario di un terreno nella zona del Divino Amore, precisamente in località Falcognana di Roma. Accanto alla buca dove era stata buttata la salma un escavatore ugualmente semibruciato. Dopo una settimana Baglione si presentò dai carabinieri di Albano, dicendo loro di essersi trasferito in zona dalla Sicilia un mese prima, di fare il venditore ambulante e di aver cercato di lavorare con Ranieri, scoprendo però presto che aveva diverse armi, che fece poi ritrovare ai militari nella zona del Villaggio Ardeatino, comprese le  due pistole usate per l’omicidio, e che spacciava droga. Il siciliano riferì poi che il giorno dell’omicidio era stato contattato dal calabrese e invitato a raggiungerlo in via Santa Fumia, dove il 35enne avrebbe dovuto rubare un escavatore e dove quest’ultimo giunse insieme a un altro uomo, poi identificato in Montagner, e a Polcino. Baglioni disse di essersi presto allontanato, ma poi ricontattato da Ranieri che, una volta tornato nel podere, gli disse che l’apriliano era stato ucciso: “Gli abbiamo scaricato addosso due caricatori”. Scavata la buca il cadavere venne quindi bruciato. Seguirono gli arresti e, tra confessioni e ritrattazioni, le condanne. Ora definitive .