Scoppia il caso di cani avvelenati in paese a Lenola. Lâassociazione âLeidaaâ (Lega italiana difesa animali e ambiente), sezione Sud Pontino, attacca e la giunta del sindaco Andrea Antogiovanni risponde. Un botta e risposta dai toni accesi, innescato da un caso di avvelenamento per una povera bestiola randagia, nella zona di San Martino. Tuttâaltro che un caso isolato, a quanto pare. Lâassociazione ha denunciato una gestione non proprio adeguata del fenomeno del randagismo, sostenendo che «Lenola non è un paese per cani». Stizzito, il primo cittadino Andrea Antogiovanni ha replicato che lâassociazione è arrivata «a conclusioni palesemente false». «Il Comune di Lenola - ha spiegato Antogiovanni - spende circa 50 mila euro ogni anno per ospitare oltre 30 cani allâinterno di una struttura adeguata e lâente è anche convenzionato con unâassociazione di protezione animali che nel territorio svolge un ottimo intervento di promozione delle adozioni dei cuccioli, cura dei randagi e prima accoglienza». Ecco perché il primo cittadino non ci sta, decidendo di replicare a muso duro alle critiche. «Presentare il nostro Comune come un paese intollerante verso gli animali è quanto di più assurdo si possa immaginare» ha concluso il sindaco. Dal proprio canto, lâassociazione âLeidaaâ, preso atto della risposta dellâamministrazione municipale, ha ribadito che lâente nello stanziare i 50 mila euro in bilancio per mantenere i randagi nel canile «non fa altro che ciò che ogni Comune è dovuto a fare, quindi nulla di straordinario».
Cani avvelenati, in paese scoppia la polemica
Cani avvelenati, in paese scoppia la polemica
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