Strattonati dalle opposizioni, ma anche dai consiglieri di maggioranza che si nascondono dietro presunte battaglie di civiltà a difesa dei diritti dei migranti, una parte dei sindaci pontini sta perdendo il controllo della situazione sul fronte della gestione dell’accoglienza nei confronti degli esuli che arrivano a centinaia in provincia di Latina.
La cittadina di Itri, poco più di diecimila anime, lamenta di aver già dato ospitalità a 135 migranti, un numero che equivale all’1,26% dei residenti, mentre Latina, dieci volte più grande di Itri, ne ospiterebbe appena 292. Anche Fondi, che ospita 284 profughi, avanza lo stesso tipo di contestazione. Dovunque si sente parlare di situazioni di degrado, di sovraffollamento dei centri di accoglienza o degli appartamenti destinati all’ospitalità e gestiti dalle cooperative, di tensioni, di situazioni insostenibili, di condizioni disumane nelle quali gli stranieri sono costretti a vivere, di battaglia di civiltà. Dall’eccesso di indifferenza si passa all’eccesso di solidarietà e partecipazione, con dietro una buona dose di intollerante cinismo. La realtà è che sono in pochi a volere gli stranieri e a comprendere che si tratta di gente disperata in fuga da situazioni di vita insostenibili. E anche i sindaci che non si mettono di traverso, e non è poco, lasciano che a gestire la situazione siano la prefettura e le cooperative di servizio sociale. Cosa dovrebbero fare? Intanto non dovrebbero starsene a fare da spettatori, e dovrebbero spronare gli uffici a trovare soluzioni capaci di evitare la creazione di ghetti, e individuare strategie logistiche per aggirare l’inevitabile ricorso a centri di accoglienza superaffollati e poco gestibili.
Come si fa? Nel capoluogo, ad esempio, ci sono numerosi appartamenti acquisiti al patrimonio comunale, che potrebbero essere destinati alla causa dell’ospitalità ai migranti, perché no?

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