Raccontano che il cervello in fuga del XXI secolo, oppure il talento con la valigia, era precoce, già 30 anni fa, in prima elementare, anno scolastico 1985-86 alla Domus Mea di Latina in via Fiuggi. Occhiali da vista, sicuro, preciso, metodico ma anche a modo suo intraprendente, aveva stoffa che adesso apprezzano a Barcellona. Giulio Contini, come ha scritto Il Fatto Quotidiano, 37 anni di Latina, lo dice con una punta di rammarico insieme a quella che sembra essere una sete di rivincita, adesso vive in Spagna. E’ uno dei tanti nostri connazionali e concittadini che hanno fatto le valigie, questione di mentalità, probabilmente pregiudizi sui giovani e di occasioni che arrivano all’improvviso. «In Italia - ha detto a Il Fatto - mi affidavano solo mansioni di base, a volte sembrava quasi che non mi considerassero un essere pensante». La laurea in economia aziendale, il master in internazionalizzazione delle imprese nell’Istituto del Commercio estero e una posizione nella veste di export manager per lo Ied. Parte così Giulio, poi il concorso in banca che vince quando ha 30 anni ma la sicurezza del posto fisso non equivale al benessere totale. «Avevo molta gavetta alle spalle, soprattutto all’estero, e parlavo cinque lingue – ha detto, ma mi consideravano ancora un ragazzo. Andavo all’estero e vedevo persone della mia stessa età che ricoprivano ruoli di grande responsabilità, così ho realizzato che se fossi rimasto in Italia non avrei mai avuto l’opportunità giusta per crescere». Giulio elabora che l’Italia non è un paese per giovani ed è necessario guardare altrove. E così che quando legge che c’è la possibilità di diventare direttore internazionale per la Escuela Universitaria de Hotelerìa y Turismo di Barcellona, l’università della gastronomia e dell’ hospitality, si candida. «Ho fatto il colloquio e mi hanno preso e da quando sono qui in questi due anni ho firmato accordi di partnership con ministri e università di tutto il mondo – sottolinea – e grazie al sostegno del mio gruppo siamo anche riusciti a raddoppiare il numero di iscritti stranieri all’università». C’è la soddisfazione di aver centrato un traguardo ma anche il rammarico guardando l’Italia e quello che accade qui. «Mi chiedo spesso quando potrò tornare a rappresentare l’Italia nel mio settore, quello dell’international education».