Non un semplice via libera o un altrettanto semplice stop alla richiesta d’arresto per il deputato Pasquale Maietta, ma una serie di colpi duri all’impianto accusatorio dell’inchiesta «Olimpia», accompagnati da alcune mosse volte ad allontanare dall’esponente di Fratelli d’Italia l’ombra dei rapporti con la malavita. Alla luce degli atti pubblicati ieri dalla Camera, sulla discussione svoltasi mercoledì scorso nella Giunta per le autorizzazioni sul caso dell’onorevole pontino, sembra questa la piega che sta prendendo il dibattito all’interno dell’organismo a cui il gip Mara Mattioli ha chiesto l’autorizzazione all’esecuzione della misura della custodia cautelare in carcere per il parlamentare indagato, ritenuto parte di ben due associazioni per delinquere costituite all’ombra del Comune. La Giunta ha rinviato la decisione, specificando di essere in attesa di avere conferme sul ricorso presentato dallo stesso Maietta al Tribunale del Riesame, al fine di non pronunciarsi in senso opposto rispetto ai giudici, che hanno già annullato la misura cautelare per i coindagati in «Olimpia». E la seduta è stata aggiornata a mercoledì prossimo, quando dovrebbe essere ascoltato lo stesso deputato indagato. Problemi e valutazioni, all’apparenza, di squisita natura tecnica, per meglio valutare la vicenda. Ma analizzando appunto il dibattito che mercoledì si è aperto su «Olimpia» e sul ruolo dell’onorevole nell’inchiesta emerge anche altro.

All’inchiesta Starter sui conti del Latina Calcio si aggiunge la dura perizia di Igor Catania, il tecnico incaricato dalla Procura di provare come molte operazioni finanziarie furono in qualche modo manipolate e dunque sussisteva la necessità di sequestrare i conti. Scrive il consulente che «gli indicatori di bilancio dell’impresa U.S. Latina Calcio srl riflettono uno stato di squilibrio critico della situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società. In particolare si osserva una situazione di grave sottocapitalizzazione del’impresa, funzionalmente dipendente dagli apporti di risorse finanziarie esterne». Pessime le condizioni soprattutto della tesoreria aziendale che sono quasi non più sostenibili.
Sostiene la consulenza che questo è il motivo per il quale sono state apportate somme di denaro alla società e ci sono state «alterazioni contabili e di bilancio... nel tentativo di immettere liquidità per far fronte a pagamenti di natura emergenziale e allo stesso tempo per occultare la gestione in perdita dell’impresa che avrebbe imposto agli organi societari di ricapitalizzare le perdite pena oil mancato ottenimento della licenza nazionale per l’iscrizione al campionato di calcio professionistico».
A supporto di questa tesi viene citata la cosiddetta «plus valenza Di Nardo». Al 30 giugno 2014 e al 30 giugno 2015 le perdite ammontavano a oltre 1,2 milioni di euro e per questo il patrimonio netto aziendale si sarebbe dovuto attestare a giugno 2015 al valore negativo di 943mila euro.

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