E' comparso ieri mattina davanti al Gip ed ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Resta quindi in silenzio il 23enne di Santa Maria Capua Vetere, Vincenzo Cioffi arrestato lo scorso 29 dicembre. Per circa un mese ha tenuto segregata una 16enne di Aprilia costringendola a subire continue violenze. Ed ora gli inquirenti stanno accertando anche la posizione di un parente del 23enne che avrebbe assistito alle violenze. E non sarebbe l'unico. Cosa è accaduto?

A settembre un carabiniere ferma una ragazzina spaventata alla stazione di Scauri. Appena 16 anni di Aprilia, fuggita da casa nel mese di agosto e poi sequestrata da un orco.  Dopo la fuga da quella scuola dismessa in via Fratelli De Simone a Santa Maria Capua Vetere, che era divenuta la sua prigione, la ragazzina si è presentata così alle forze dell’ordine denunciando il suo presunto aguzzino. Lui è il 23enne Vincenzo Cioffi. Un giovane con alle spalle altri episodi di violenza come la denuncia, nel 2015, di maltrattamenti sporta dalla sua ex fidanzata, finito in manette il 29 dicembre dopo oltre due mesi di indagini.

Sì perché la 16enne, fuggì dal rudere prigione a fine settembre. Una volta in salvo denunciò i fatti ai carabinieri che per primi le prestarono soccorso e venne riportata dai genitori. In questi due mesi i militari hanno indagato senza sosta scoprendo, tra l’altro, che la ragazzina non era la prima a finire della rete dell’orco. Un mese prima, lo stesso destino era toccato ad un’altra ragazza, peraltro incinta.

Come se non bastasse, dal quadro delineato dagli inquirenti e pubblicato nelle scorse ore da Il Mattino di Napoli, non solo il giovane aveva dei complici, ma più di qualcuno era a conoscenza dei fatti. «C’era Marcello, il cugino di Vincenzo, “compagno” di furti, che a un certo punto non è venuto più a farci visita perché non voleva vedere Vincenzo che usava violenza su di me» è una delle dichiarazioni rilasciate dalla 16enne.

La ricostruzione di 31 giorni di detenzione porta gli inquirenti sulle tracce del carceriere, «Un amico di Vincenzo viveva nella stanza comunicante con la camera in cui venivo rinchiusa. Aveva il compito di sorvegliarmi».

Cioffi quindi aveva una rete di complicità.

La ragazzina ha raccontato di inaudite violenze. Il quotidiano di Napoli che riporta alcuni estratti degli atti con cui si è chiesto e motivato l’arresto scrive che «A volte le stringeva il collo facendole mancare il respiro, le imponeva di fumare cannabis, le dava morsi sulle spalle (ferite ritrovate poi dai medici) durante i rapporti sessuali. Solo una volta la madre di Vincenzo, I. M., si era intromessa cercando di allontanarlo dalla ragazza ed era stata anche lei afferrata al collo dal figlio».

Violentatore seriale

Il 23enne finito in manette è un giovane che “si presenta bene”. Ha il volto pulito, gentile, di bell’aspetto. Alle spalle piccoli reati e borseggi. Il suo aspetto e, probabilmente, una tecnica di caccia collaudata lo hanno portato a carpire la fiducia della ragazzina pochi minuti dopo averla incontrata in piazza Garibaldi a Napoli. Era agosto. La minore era fuggita da casa della madre forse per dissidi col compagno di lei.

Una personalità forte, una sicurezza che però ad un certo punto lo ha tradito. Era solito chiudere la porta della prigione con un lucchetto e una tavola di legno che inchiodava. Un giorno il lucchetto non lo ha chiuso. A quel punto la 16enne ha raccolto le proprie forze ed è fuggita correndo alla stazione e prendendo il primo treno. Un convoglio diretto a Scauri. Alla stazione un militare dell’Arma ha notato quella ragazzina spaurita e l’ha avvicinata. La fine di un incubo.

Due casi simili

La denuncia della 16 avrebbe elementi simili a quella sporta dalla ex fidanzata del Cioffi che per nove mesi è stata tenuta rinchiusa. La storia era iniziata nel 2015. La ragazza si era trasferita da Portici a Caserta per vivere con quell’affascinante 23enne. Le prime violenze le avrebbe confidate ad una zia: «Un giorno, con un pugno, mi ruppe il naso. Ero incita di sei mesi non ho mai fatto un’ecografia perché lui mi vietava di incontrare il ginecologo». Vincenzo non riconosce la bambina e del caso si sono interessati i Servizi sociali dell’ospedale “Villa Betania” di Portici. Ed ecco la doppia inchiesta.

Il tatuaggio

Ciò che ha inchiodato definitivamente (secondo gli inquirenti) il 23enne è quel tatuaggio sul petto con la scritta “I love You M”.

L’omertà

L’altro aspetto inquietante di questa vicenda è che non erano fatti nascosti, in molti sapevano. Soprattutto tra gli “inquilini” di quella scuola dismessa e occupata. C’erano almeno una decina di famiglie. Uno dei “residenti” faceva da carceriere. E come se non bastasse, ad un certo punto, Vincenzo ha dovuto far uscire la 16enne e portarla in ospedale, al “Melorio” di Santa Maria Capua Vetere perché colpita da  coliche renali. Lui la costrinse a fornire false generalità. Forse per provare a lanciare un messaggio, fornì nome e cognome di una sua amica di Aprilia. Magari qualcuno avrebbe accertato, indagato. Nulla. Sembra che non le siano stati chiesti nemmeno i documenti.