E' iniziato il conto alla rovescia. Oggi e domani si voterà anche per il referendum per il taglio di 345 seggi parlamentari. I seggi sono aperti dalle ore 7 alle 23 di domenica 20 settembre e dalle ore 7 alle 15 di lunedì 21 settembre. Si provvederà immediatamente allo spoglio delle schede sul referendum per il taglio dei parlamentari, successivamente comincerà lo scrutinio delle altre votazioni.

Ci sono posizioni differenti e spesso trasversali nei vari partiti. Anche all'interno degli stessi, perché nonostante le indicazioni ufficiali non mancano i battitori liberi. Il testo del quesito è questo: "Approvate il testo della legge costituzionale "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari", approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?". Si tratta del referendum che taglia 345 seggi parlamentari: 230 alla Camera e 115 al Senato. Trattandosi di referendum confermativo, non è previsto il raggiungimento del quorum.

Sarà comunque valido e il risultato verrà determinato esclusivamente dal numero dei sì e dei no. Ma c'è il tema della rappresentanza dei territori. Nel Lazio oggi si eleggono 28 senatori. Scenderebbero a 18. Mentre nel collegio Lazio 2 della Camera si passerebbe da 20 a 12 deputati. Con l'attuale sistema elettorale, i collegi uninominali maggioritari scenderebbero da 348 a 211. Ben 127 in meno. Numeri che avrebbero un riflesso a cascata, a tutto campo: diminuendo i collegi, l'estensione geografica degli stessi (sia uninominali che plurinominali) aumenterebbe. Per ogni deputato il numero degli abitanti passerebbe da 96.006 a 151.210. Mentre, per ogni senatore, da 188.424 a 302.420. Si continua a parlare molto del Germanicum, un sistema elettorale che confermerebbe i 63 collegi plurinominali proporzionali e le 23 circoscrizioni del Rosatellum.

Il percorso della legge di riforma
La legge di revisione costituzionale è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta, ex articolo 138, comma 1 della Costituzione. Dal momento che in seconda deliberazione la legge non è stata approvata a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, un quinto dei senatori ha potuto richiedere il referendum confermativo, come da comma 2 dell'articolo 138.

In seconda deliberazione al Senato della Repubblica, l'11 luglio 2019, infatti, la legge è stata approvata a maggioranza assoluta senza raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi, a causa del voto contrario espresso dai senatori del Partito Democratico e di Liberi e Uguali, allora opposizione del Governo Conte I, e della non partecipazione al voto di Forza Italia. Nell'ultima lettura alla Camera dei deputati, l'8 ottobre 2019, invece, ottenendo il sì di tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione, con l'eccezione di alcune componenti del gruppo Misto, il testo ha raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti.

Il raggiungimento del quorum dei due terzi alla Camera è stato privo di conseguenze ai fini dell'iter di approvazione della legge. Non avendo infatti ottenuto i due terzi anche al Senato, come prescritto dall'articolo 138 della Costituzione, il provvedimento non è stato direttamente promulgato proprio per dare la possibilità di richiedere un referendum confermativo entro i successivi tre mesi da parte di un quinto dei membri di uno dei due rami del Parlamento, di cinquecentomila elettori o di cinque consigli regionali. Tale facoltà è stata esercitata da 71 senatori che hanno depositato la richiesta di referendum presso la Corte suprema di cassazione il 10 gennaio 2020. Il referendum non richiede il raggiungimento di un quorum per avere efficacia.