Dice che ha dimenticato la politica Giovanni Di Giorgi, che ha cambiato interessi, città, luoghi priorità e che adesso vuole solo fare l'editore di belle storie di sport e non mettere mai più piede su uno scranno. Però quando l'ex sindaco parla, per la prima volta dopo la fine traumatica di una lunga esperienza da amministratore, viene fuori quel bagaglio culturale che ti trascini comunque dietro una volta che hai guidato la seconda città del Lazio. «Non ho nostalgia, né rimpianti, non vorrei nemmeno parlarne ma comprendo che sia inevitabile quasi. Semplicemente ho scoperto un mondo nuovo cui mi sto dedicando con passione, folle pure questa perché il mio nuovo mondo è fatto di libri e sport, cose che emozionano. Ma penso che in un momento come questo sia ciò che serve, d'altro canto la risposta del pubblico è tale che ci credo ancora di più».

Lei si è dimesso per via di una frattura insanabile nella sua maggioranza su acqua e rifiuti. Due nodi rimasti tali. Cosa pensa adesso, da cittadino, quando le arrivano le bollette?
«Che, appunto, quei problemi ce li portiamo dietro. Avevo iniziato una battaglia sulla gestione dell'acqua e l'ho persa, male. Sui rifiuti invece devo dire che quello che volevo fare io lo ha fatto Damiano Coletta. Anche io volevo una gestione in house»

Si sta complimentando col suo successore?
«Sì, la scelta sui rifiuti la condivido. Sono critico su altro ma questa va bene. Poi, guardi, quella dei rifiuti è sempre una patata bollente perché pesa molto sul bilancio ed è un servizio su cui tu devi mettere dei soldi comunque e magari li devi togliere ad altro, così si creano frizioni tra le forze politiche. Insomma è un tasto che crea problemi in tutte le amministrazioni se devo essere sincero».

C'è un sacco di gente che vorrebbe diventare sindaco di Latina. Cosa consiglia loro?
«Io dico che è un mestiere difficile, che ti offre molto ma ti toglie moltissimo, non hai mai tregua, non hai spazio per i tuoi hobbies, per la tua famiglia, per la professione. Poi se ci sono anche risvolti duri come le questioni giudiziarie è ancora peggio, anche se io sono uno che crede molto nel tempo, il tempo ti toglie molto ma ti restituisce anche molto in ogni caso. Insomma, a dire il vero, io ad un amico non consiglierei di fare il sindaco, anche se poi il dibattito politico può essere ancora interessante, mi riferisco soprattutto ai grandi temi. Come l'Europa, io sono un europeista convinto. Mi piace tantissimo seguire la grande sfida sulla tecnologia che è in essere e che, se vuoi, è stata accelerata dal virus perché adesso stiamo soppesando quanto contino le infrastrutture della rete. Sono il nostro futuro e quello dell'economia mondiale. Non comprenderlo è da sciocchi, a parte alcune ritrosie puramente ideologiche che non condivido».

Scusi Di Giorgi, ma lei è sempre di destra?
«Certo! Di destra e non pentito. Vengo dal Movimento Sociale, sono stato in Alleanza Nazionale, ho dentro di me i valori della destra sociale».

Ma i partiti di destra in Italia sono sovranisti. E anche a Latina lo sono. Come la mettiamo?
«La destra sociale è sempre stata favorevole all'Europa unita, ancora prima che fosse così forte l'Ue. Semmai, quindi, sono loro che se ne sono allontanati. Io dico che ci sono molte cose che vanno migliorate, ma senza l'Europa dove andiamo? Ci rendiamo conto di cosa saremmo adesso col Covid senza l'Europa? Per quanto riguarda la destra di Latina, adesso, se ne dovrebbe parlare in una trasmissione tipo ‘Chi l'ha visto'».

Dove sta la destra profonda di quella che molti ancora si ostinano a chiamare «la città nera»?
«E' un discorso lungo, mi sembra un po' sparita, sì.»

Visto che ci siamo, cosa pensa delle scelte del Governo sul covid?
«Le condivido. Sono scelte che impongono sacrifici e che stanno creando enormi problemi a molte categorie economiche. Però sono necessarie, troppi morti. Non si può fare altrimenti. Poi, certo, si poteva agire diversamente su alcuni punti, per esempio sui trasporti e comunque dobbiamo pensare a impiegare bene i soldi che ci arriveranno per andare oltre questa crisi».

Lei è uno di quelli un po' fissati con il calcio e con lo sport ma anche con la rinascita possibile grazie allo sport che è parte del suo nuovo lavoro, giusto?
«Come ho detto, sono diventato editore, di una piccola ma agguerrita casa editrice, soprattutto con le idee chiare. Sono contento e orgoglioso di come stanno andando i nostri titoli. Mi riferisco a ‘Vittorie Imperfette. Storie di donne e uomini che non si sono mai arresi' di Federico Vergari, e a ‘Storia dell'Italia del calcio e della Nazionale' (1859-1949) di Mauro Grimaldi; è il primo volume e vogliamo continuare. Credo molto in questo lavoro che già sta riscuotendo il favore dell'Associazione calciatori e che è lo specchio della nostra storia. In fondo l'Italia e il calcio si assomigliano e per certi versi sono una cosa sola. Con la casa editrice ci siamo anche occupati, in anticipo direi, di smart working e smart contract con un libro uscito nel 2019, ‘Advanced advisory' di Leonardo Valle. Sono entusiasta di questa esperienza. Ecco perché non voglio più saperne nulla di politica».

Eppure lei appare aggiornatissimo su ciò che le accade attorno, su temi di attualità tipo appunto rifiuti discarica, infrastrutture...
«E' che sono curioso, mi informo. Se volete sapere la mia sulla discarica vi dico che sono sempre stato contrario ma credo anche che bisogna realizzare gli impianti. Purtroppo è una malattia del nostro Paese quella di dire: sì, mi sta bene fare impianti, mi sta bene l'energia green ma poi nessuno vuole alcunché sotto casa sua, oppure ti arriva un comitato e blocca tutto. E' una specie di malattia dell'Italia ed è quella che rallenta qualunque opera pubblica. Tra comitati del no e ricorsi al Tar e così via, tu per fare un'infrastruttura ci metti almeno venti anni. Guarda la Roma-Latina».

Ed è così, mettendo le virgole, al progetto più discusso di questi giorni, che Giovanni Di Giorgi dimostra come una volta che sei stato sindaco non ti scrolli mai del tutto ciò che significa