La benedizione dispensata dal ministro Orlando al singolare abbraccio elettorale tra il sindaco uscente Damiano Coletta e l'ex presidente di Latina Ambiente ed ex vicesindaco nonché ex deputato di Forza Italia Vincenzo Bianchi si è dispiegata con l'indovinato slogan «Dobbiamo convincere a votare per noi tutti gli elettori di destra che non vogliono tornare al passato».

Non c'era probabilmente bisogno di tanta attenzione da parte del ministro del Lavoro, perché davvero non c'è niente da sdoganare né da giustificare se una persona per bene come Vincenzo Bianchi decide di sostenere Coletta piuttosto che gli alleati di sempre. Bianchi avrà i suoi buoni motivi per non sentirsi più moderato come un tempo, o per non avere voglia di sostenere il candidato sindaco del centrodestra. Ma non era lì che voleva arrivare Orlando, bensì probabilmente a giustificare lo stesso Coletta per lo strappo all'ossessiva litania che ha accompagnato l'intera consiliatura ellebiccina, tutta dedicata alla condanna di «quelli di prima».

L'errore grave commesso da Damiano Coletta all'indomani dello sbarco in Piazza del Popolo, è stato quello di essere consapevole di essere stato incoronato sindaco grazie ai voti della destra che non voleva tornare indietro, ma di avere immediatamente rinnegato quell'elettorato, praticamente mezza città di Latina, di non averlo neppure ringraziato e di averlo sempre trascurato, e perfino sfidato con la sua ansia di dover voltare pagina sul piano delle apparenze piuttosto che della sostanza. E soprattutto, Coletta ha commesso lo sbaglio di confondere l'elettorato moderato con gli amministratori locali di centrodestra, meglio ancora con alcuni amministratori di centrodestra protagonisti delle esperienze di governo dei primi tre lustri di questo secolo. Oggi, a due settimane dal voto con cui spera di tornare a fare il sindaco, per cercare di fare breccia in quello stesso elettorato che lo aveva premiato nel 2016, Coletta non esita a farsi ritrarre a braccetto con un esponente del centrodestra che potrebbe essere assunto ad emblema di quelli che lo stesso attuale primo cittadino ama definire «quelli di prima».

Se non è bieco opportunismo, è uno slancio di ritrovata libertà dai lacci ideologici che fa onore a Damiano Coletta e che fa ben sperare per la sua formazione personale prima ancora che politica, ma è uno slancio che dovrebbe essere accompagnato da una narrazione finalmente diversa ed anche da qualche ammissione di colpa. Invece il candidato Coletta insiste, e all'ombra del ministro Orlando rilancia con la sua scorta di slogan usurati: «Indietro non si torna», oppure «E' una scelta tra due ere geologiche», o ancora «E' una scelta tra chi difende il bene di tutti e chi ha difeso e favorito i comitati di affari».

Se il bene di tutti è quello rincorso negli ultimi cinque anni di governo del capoluogo, si può davvero dire che non è quella la risposta migliore contro i comitati d'affari, che in qualche misura continuano a resistere ed esistere. Ad ogni buon conto, il prossimo con cui Coletta dovrebbe farsi ritrarre pubblicamente, se non altro per par condicio, è l'ex sindaco Giovanni Di Giorgi, anche lui impegnato a sostenere la candidatura del sindaco uscente. Tra colleghi può succedere. E a un predecessore si può accordare la cancellazione dal libro nero di «quelli di prima». E allora, se l'indicazione che arriva da questi accostamenti inediti è quella di andare sempre avanti, finalmente, si dia un taglio a questa retorica stantia del prima e del dopo e si cerchi di addrizzare il tiro sul presente che ci sfugge, magari misurandosi sulle cose da fare e tutte quelle che non sono state fatte.

Da troppo tempo la città di Latina è ridotta al rango di un'arena dove si combatte una battaglia di chiacchiere piuttosto che una guerra di fatti. Magari è ora di cambiare libro, e stavolta davvero. Anche con gli stessi personaggi, «quelli di prima» che grazie a Coletta hanno riconquistato un posto nell'attualità, trasformandosi in «quelli di adesso».