Tra le poche certezze della politica c'è quella che una campagna elettorale dà sempre una boccata d'ossigeno all'economia. Eventi, materiali per la propaganda, cene elettorali sono all'ordine del giorno e i costi per i candidati sono decisamente esorbitanti. La campagna antipolitica negli anni scorsi ha avuto poi l'effetto di cancellare quasi completamente il finanziamento pubblico ai partiti: questo significa che ogni candidato sta cercando risorse proprie per la campagna elettorale e un domani, se eletto, dovrà contribuire in modo considerevole alla sopravvivenza economica del partito di appartenenza.


La novità di quest'anno è che i partiti hanno chiesto soldi già in fase di candidatura. Denaro che servirà a finanziare in generale la campagna elettorale del partito. I destinatari, ovviamente, sono quelli con il seggio sicuro in tasca. Forza Italia ha chiesto da 30 a 40 mila euro ai 10-15 mila del Pd passando per i 20 mila della Lega.

Forza Italia, che negli ultimi tempi ha smantellato quasi tutta la struttura di partito per tagliare i costi, chiede lo sforzo più alto di tutti. Il contributo richiesto va dai 30 ai 40mila a testa. Costo una tantum a cui poi vanno aggiunti i conti della campagna elettorale. Si rischia così di spendere fino a 60 mila euro.


Nel Partito democratico le cose non vanno meglio. I conti in rosso sono stati solo in parte rimpinguati dai parlamentari uscenti che, sotto minaccia di una non ricandidatura, si sono affrettati a sanare la morosità che ognuno aveva accumulato sui contributi mensili al partito mai versati. Chi sarà eletto, anche nel prossimo Parlamento, dovrà versare 1500 euro di quota al partito.
La Lega come sappiamo ha i conti bloccati dal tribunale (da Genova, per l'inchiesta della Procura sui fondi pubblici) dunque ha chiesto ai candidati con collegio sicuro 20 mila euro.
Low cost la campagna di Fratelli d'Italia. Il partito di Giorgia Meloni chiede 5000 euro a ogni candidato e ha fornito un vademecum in cui invita gli aspiranti parlamentari a concentarsi soprattutto sulla propaganda attraverso i social media. Incentivate poi le cene di autofinanziamento per il partito o i singoli candidati.
Liberi e Uguali ha invece optato per lasciare ai singoli candidati l'onere della campagna elettorale. Una volta eletti, i parlamentari di LeU dovranno versare mensilmente 1500 euro al partito.
Chiudiamo con il Movimento 5 Stelle, in quanto il partito di Luigi Di Maio merita un discorso a parte. Gli eletti M5S, in base al regolamento interno, rinunciano a metà dell'indennità parlamentare che finisce in un fondo ad hoc (destinato la scorsa Legislatura alle piccole e medie imprese). Ma da quest'anno chi entrerà a far parte del Parlamento per M5S dovrà versare anche una quota mensile di 300 euro all'associazione Rousseau, che fa riferimento a Davide Casaleggio. In pratica i soldi andranno ad un privato. Miracoli della politica italiana.