Il rinvio a giudizio del sindaco Antonio Terra per il caso dei rimborsi facili sta facendo emergere le contraddizioni del primo cittadino rispetto al suo futuro politico. E al suo rapporto con gli alleati, di oggi e di ieri. Al termine dell'udienza preliminare che ha decretato l'avvio del processo (prima udienza a marzo 2019) Terra ha spiegato perché non intende dimettersi. «Fin dall'inizio - ha affermato - ho detto alla mia coalizione che avrei fatto un passo indietro se lo avessero ritenuto opportuno, ma questa richiesta non mi è mai stata fatta».
Una frase che si inserisce nel lungo elenco di amnesie e contraddizioni in cui è incappato il primo cittadino negli ultimi 18 mesi: dal baldanzoso: «Se mi rinviano a giudizio mi dimetto» dichiarato dopo l'avvio delle indagini (marzo 2017), alla dichiarazione riveduta e corretta nella conferenza di fine anno: «Se mi rinviano a giudizio non mi ricandido».
Pochi giorni è arrivato quest'ultimo intervento, smentito però dall'ex vice sindaco Franco Gabriele, che svela un retroscena: nel marzo 2017 (quando partì l'indagine) fu proprio lui a chiedere un atto di responsabilità al sindaco in caso di un processo. «Durante la riunione di maggioranza successiva all'avviso di garanzia fui proprio io, a nome del Terzo Polo, a dire che in quel momento era giusto manifestare solidarietà a Terra per rispondere agli attacchi. Al tempo stesso - spiega - dissi che andava preservato il progetto civico, che è qualcosa che andava oltre Terra, Gabriele e Bruno Di Marcantonio (all'epoca presidente del Consiglio, ndr) e perciò gli chiesi un passo di lato in caso di rinvio a giudizio, passo di lato che il sindaco si impegnò a fare. C'erano 22 persone a quella riunione, di fatto da quel giorno iniziò la mia fine politica con la maggioranza».
L'ex assessore all'Urbanistica riconduce a quella presa di posizione il grande «gelo» con il sindaco, un contrasto poi sfociato dopo mille altre incomprensioni (dalla mancata candidatura alle regionali ai problemi sull'Urbanistica) nell'addio all'amministrazione civica poco prima delle elezioni. Di certo, quell'episodio provocò imbarazzo e frizioni nella coalizione; le cronache di quel periodo ricordano come fu proprio per un «veto» del Terzo Polo che, in Consiglio comunale, non venne votato un documento di sostegno al primo cittadino.  Ma, al di là di questi aspetti, c'è da registrare la «mutazione genetica» del progetto civico; nato nel 2009 proprio con l'obiettivo non solo di riaffermare la legalità ma anche per contrastare un certo malcostume della politica. Quello che oggi si rivede nella giunta Terra, tra scelte inopportune e logiche di potere. «Il progetto voluto da D'Alessio si fondava su tre regole: moralità, legalità e trasparenza. Perciò nel 2013 mi opposi, insieme ad altri, alla candidatura degli impresentabili. Perché - continua Gabriele - per il Terzo Polo il progetto è sempre stato più importante delle persone. All'epoca comunque tutta la maggioranza accettò le parole di Terra, qualcuno ancora c'è e dovrebbe ricordarlo».